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Mondo

Da Berlino a Londra, chi è in lockdown in Europa

Alle prese con numeri di contagi ritenuti ancora preoccupanti e soprattutto con la paura delle nuove varianti del coronavirus, due dei maggiori Stati europei, Germania e Regno Unito, resteranno in lockdown almeno fino ai primi di marzo, così come parte della Repubblica ceca. Lockdown duro, come è stato definito, ma comunque più morbido di quello totale applicato in Italia nella scorsa primavera e più vicino, casomai, alle attuali regole nostrane delle zone rosse.

Intanto in Germania è scattata un’ulteriore stretta: i controlli alle frontiere con la Repubblica ceca e con il Tirolo austriaco. Una misura che a Berlino non escludono di introdurre anche con la regione francese della Mosella. Quest’ultima mossa ha innescato un duro botta e risposta con la Commissione europea che non vorrebbe tornare alle chiusure delle frontiere dell’anno scorso e alle iniziative in ordine sparso degli Stati. Alle critiche della commissaria alla Salute Stella Kyriakides ha ribattuto il ministro dell’Interno tedesco, Horst Seehofer, mentre in Germania la stessa Commissione Ue è da settimane sotto accusa per la gestione della campagna di vaccinazione. A Bruxelles, ha attaccato Seehofer, «hanno già fatto abbastanza errori, basta consigli». Oltre due mesi di restrizioni hanno ridotto il numero di infezioni in Germania, ma il governo della cancelliera Angela Merkel ha di recente deciso di estendere il blocco parziale fino al 7 marzo per il timore del propagarsi dell’aggressiva mutazione inglese del virus. Non si parla di un coprifuoco generalizzato: tra le varie misure, gli incontri privati sono consentiti anche se limitati ai membri di una famiglia, più un’altra persona. Così come proseguono le cerimonie religiose. Nelle aree con particolare incidenza di casi può essere imposto o consigliato di non spostarsi a più di 15 chilometri da casa, i
negozi e i servizi ritenuti non essenziali sono chiusi così come gran parte delle scuole, che tuttavia dovrebbero gradualmente riaprire dal 22 febbraio.

Nel Regno Unito, un marcato calo delle infezioni e l’accelerazione delle vaccinazioni (è stata superata la quota 15
milioni) hanno spinto alcuni nel partito conservatore al governo a chiedere di revocare il lockdown all’inizio di marzo. Gran parte del Paese è sottoposta a questa misura dall’inizio di gennaio. L’ordine è di restare a casa ma le eccezioni che permettono di uscire sono parecchie: dagli acquisti essenziali agli incontri con la propria "bolla di sostegno" o con quella dei bambini - gruppi fissi di persone che è possibile frequentare -, dalle cerimonie religiose all’esercizio fisico. Le scuole sono aperte per i bambini più vulnerabili e per i figli dei lavoratori essenziali, così come - «ovviamente», secondo il ministro della Salute Matt Hancock - restano aperti i parchi giochi per famiglie e bambini.

Nella Repubblica Ceca, uno dei Paesi più colpiti in Europa, tre cantoni di cui due al confine con la Germania sono in lockdown.

In Austria chiunque lasci il Tirolo deve produrre un test negativo dopo il focolaio di casi della variante sudafricana.

Controcorrente la Polonia, che ha riaperto hotel musei, cinema, teatri e piscine e ha visto nel weekend una folla
di cittadini prendere d’assalto le stazioni sciistiche.

La Francia per ora non pensa a un nuovo lockdown, anche se pure lì non manca chi lo chiede. Il ministro delle Finanze Bruno Le Maire ha sottolineato di recente che simili restrizioni sono «l’ultima opzione».

 

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Salvatore Lussu

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