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Il lutto

Addio Joseph Ratzinger, il Papa conservatore capace di rivoluzionare la Chiesa

Aveva 95 anni. Ratzinger, 265mo Pontefice della storia, aveva guidato la Chiesa cattolica dall'elezione avvenuta nel pomeriggio del 19 aprile 2005 - successore di Karol Wojtyla, Giovanni Paolo II - fino alla rinuncia nel febbraio del 2013. Una decisione storica.
È morto Ratzinger, primo Papa emerito

Joseph Aloisius Ratzinger, il Papa emerito Benedetto XVI, è morto oggi, sabato 31 dicembre. Lo ha reso noto il Vaticano. Aveva 95 anni. Ratzinger, 265mo Pontefice della storia, aveva guidato la Chiesa cattolica dall'elezione avvenuta nel pomeriggio del 19 aprile 2005 - successore di Karol Wojtyla, Giovanni Paolo II - fino alla rinuncia nel febbraio del 2013. Una decisione storica.

Fra i Pontefici dell’età contemporanea è forse quello meno classificabile. Considerato da cardinale un conservatore, è stato tuttavia anche un vescovo di Roma capace di grandi scelte di rottura, non ultima l’imprevedibile decisione di farsi da parte nel febbraio del 2013. Fu un gesto reazionario e, seppure motivato dall’avanzare dell’età. «Ingravescente aetate», disse in quel memorabile giorno davanti ai cardinali riuniti in concistoro». Rivoluzionario. Basti pensare che in un sol colpo il suo farsi da parte azzerò i vertici della curia romana affannati sotto il peso dei grandi scandali da loro stessi favoriti: Vatileaks, come padre Federico Lombardi ribattezzò la fuga di documenti segreti dal Vaticano verso le pagine di alcuni giornali.

«Fu il suo più grande atto di governo», ricordano ancora oggi Oltretevere, mosso da un Papa che, eletto nel conclave del 2005 per rimettere a posto la curia romana dopo gli anni missionari di Karol Wojtyla, fece emergere come un’esplosione vulcanica quella sporcizia da lui stesso denunciata nella Via Crucis al Colosseo che precedette l’elezione e che per troppi anni era rimasta nascosta sotto i tappeti della sacre stanze.

Dunque chi fu Benedetto XVI?

Anche ad andare indietro negli anni, incasellarlo entro una visione circoscritta non è semplice. Perché la verità è che per Joseph Ratzinger nessun abito è a pennello. Giudicato «progressista» negli anni del Concilio quando venne chiamato a Roma come perito del cardinale Joseph Frings, è cresciuto come grande figura conservatrice in opposizione ai suoi confratelli tedeschi, i cardinali Walter Kasper, Karl Lehmanm e il teologo ribelle Hans Küng, tutti di una scuola che a differenza della sua ha iniziato a vedere proprio in Roma, nella sua verticalità, nel suo potere accentratore, il fulcro di ogni male. Ratzinger scelse insieme a Von Balthasar e a De Lubac “Communio”, la rivista per decenni alter ego della più progressista “Concilium”, sposata non a caso oltre cha da Küng, anche da Karl Rahner, Edwars Schillebeeckx, Yves Congar e Johann Baptist Metz.

Ma resta paradossale, e insieme significativo, che il suo ultimo atto pubblico, l’uscita di scena con le dimissioni, non sia mai stato digerito proprio dai suoi, dai curiali, dai cardinali “romani”, da quelli che negli otto anni di papato l’hanno sostenuto, amato, difeso contro tutto e tutti.

Del suo pontificato sono molte le cose da ricordare

Diversi processi di riforma fatti propri da Francesco erano stati precedentemente aperti, di fatto, da Ratzinger. A cominciare dalla lotta alla pedofilia. È per voler di Ratzinger che lo scabroso caso del legionario padre Marcial Maciel Degollado è emerso. Così i casi statunitensi e irlandesi, per la prima volta messa all’indice la negligenza dei vescovi, l’insabbiamento dei preti pedofili che senza avvisare Roma venivano spostati di parrocchia in parrocchia dai vescovi locali. Fatti che rimarranno, seppure lui stesso, come tanti altri vescovi del Novecento, non seppe gestire al meglio alcuni casi di pedofilia in Germania quando era vescovo. Anche lui, come altri, sottostimò questi crimini con tutte le tragiche conseguenze del caso.

I suoi otto anni di papato

I suoi otto anni di papato furono tempi di grandi temi teologici e morali sollevati senza paura di andare contro il mainstream: la critica al relativismo, i temi della morale sessuale, il no all’aborto, all’uso dei contraccettivi, e quella lezione a Ratisbona (2006) nella quale, condannando l’uso della violenza in nome di Dio di diverse religioni, provocò una crisi senza precedenti col mondo musulmano. Benedetto in quell’occasione era soprattutto l’apatia dell’Europa che cercava di smuovere. Incompreso, provocò una crisi col mondo musulmano che non ha precedenti nel papato degli ultimi secoli.

Si è sempre sentito teologo, Ratzinger

Tanto che anche da Papa, lui che avrebbe desiderato dopo l’ex Sant’Uffizio il ritiro come cardinale prefetto della Biblioteca apostolica vaticana, non ha rinunciato a scrivere. Su tutto testi spicca la trilogia dedicata a Gesù di Nazareth, il lavoro di una vita messo in pagina fra un viaggio internazionale e l’altro.

Fra i punti meno compresi le sue aperture a destra, al mondo lefebvriano, con la concessione della possibilità di tornare a celebrare messa con il rito antico. Si dice che questo mondo abbia di fatto usato il Papa per riaffermare un suo potere dopo anni di marginalità. A conti fatti, egli non l’ha saputo del tutto governare, quel mondo, e un po’ si è fatto usare. Ma le aperture sono state anche a sinistra, con la riappacificazione concessa a parte del mondo anglicano, e le spinte per un nuovo ecumenismo di cui ancora oggi Francesco sa trarre buoni frutti.

Papa Francesco non sarebbe stato possibile senza Benedetto

Francesco non sarebbe stato possibile senza Benedetto, senza quella scelta finale delle dimissioni che sembravano portare la Chiesa in un baratro senza fine. Quel baratro fu possibilità di rinascita, dell’arrivo di un Papa diverso, un arrivo alla fine benedetto anche da Ratzinger, colui che il 19 aprile del 2005 disse affacciandosi alla loggia centrale della basilica vaticana: «Sono un umile servitore nella vigna del Signore».

 

Paolo Rodari

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