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Il bilancio

«La salute
è un traguardo
di civiltà»

L’imprenditrice Elena Zambon è la presidente della Fondazione Zoé
L’imprenditrice Elena Zambon è la presidente della Fondazione Zoé
Elena Zambon

La nona edizione della rassegna “Vivere sani, Vivere bene” ha totalizzato 5.200 presenze in 17 incontri con filosofi, neurologi, psicologi, artisti, esperti di innovazione, matematici e grandi sportivi di fama nazionale e internazionale: un risultato di cui Elena Zambon, presidente della Fondazione Zoé, si dice soddisfatta, ma che rappresenta un punto di partenza. Nel futuro della Fondazione infatti ci sono l’espansione del network internazionale, di cui la rassegna ha già offerto esempi, e la creazione di un’Academy della comunicazione dedicata agli operatori del settore sanitario.

 

Ciascuno degli incontri ha registrato il tutto esaurito. Perché questo interesse?

Non solo c’era il tutto esaurito, ma abbiamo avuto complessivamente 600 nomi in lista d’attesa. Le persone hanno colto l’importanza di essere consapevoli che vivere bene dipende dal vivere sani. Hanno investito il loro tempo per partecipare agli incontri, ed è un indicatore di come certi messaggi abbiano bisogno di essere divulgati. Occuparsi della salute non è responsabilità solo di alcuni, ma collettiva.

 

Dopo nove anni, quali indicazioni si possono trarre dalle rassegne che si sono succedute?

Intanto che l’Italia è un paese di assoluta modernità, per quanto riguarda la salute, che deve sempre essere vista come un traguardo di civiltà, a tutti i livelli. I cittadini avvertono che il mondo è cambiato: penso ad esempio all’alimentazione, a cosa rappresentava nella civiltà rurale, ai problemi odierni. Lo stile di vita è una questione centrale: viviamo più a lungo, ma a questi anni in più bisogna dare qualità. Stile di vita che intendo tanto dal punto di vista fisico, quanto da quello intellettuale.

 

Cosa c’è nel futuro della Fondazione Zoé?

Continuare a proporre “Vivere sani, Vivere bene”, sicuramente, grazie all’indispensabile aiuto dei volontari. L’orizzonte sarà sempre più internazionale, utilizzando il network di relazioni creato dal gruppo Zambon. Un esempio è stata la presenza, in questa edizione, del dottor Bloem. E poi c’è il progetto dell’Academy.

 

In cosa consiste?

Pensiamo a un centro che si occupi della comunicazione e sia rivolto agli operatori sanitari. Comunicare la salute, rapportarsi con il paziente, è un compito estremamente importante e delicato in cui è centrale l’human touch, il tocco umano. Per questo offriremo occasioni di riflessione sul linguaggio del corpo, sulle parole da usare, sul tono, sull’atteggiamento. Pensiamo a quanto sia importante, per il paziente, una cosa solo in apparenza banale come il rispetto dell’orario.

 

Ci sono novità ai vertici della Fondazione Zoé.

Sì, il ruolo di segretario generale, finora occupato da Luca Primavera, sta per passare a Mariapaola Biasi, di Conegliano, che ha una lunga esperienza all’Aspen Institute Italia. Avrà il compito di traghettare Fondazione Zoé verso una piattaforma nazionale, in scambio continuo con realtà internazionali. È il senso del termine “Open” nella sigla Zoé: l’apertura a territori nuovi, il confronto culturale che interpelli le giovani generazioni.

 

Quali tematiche caratterizzeranno le nuove rassegne?

Proseguiremo almeno per un altro anno con “La mente in salute”, argomento vastissimo, dalle molte variazioni, e non è detto che non possa allargarsi. Insisteremo sul tema della condivisione, perché la malattia può creare isolamento, assenza di scambio che spegne la speranza. Sono state molto apprezzate le esperienze di community, anche su questioni difficili.

Gianmaria Pitton

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