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Italia

Franzoni deve 275mila euro a Taormina, pignorata la villetta di Cogne

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La villetta di Cogne
La villetta di Cogne
La villetta di Cogne
La villetta di Cogne

L’avvocato Carlo Taormina può procedere con il pignoramento della villetta di Cogne. Il giudice dell’esecuzione del tribunale di Aosta ha infatti respinto la richiesta di sospensione da parte di Annamaria Franzoni e del marito Stefano Lorenzi, accendendo di fatto il semaforo verde all’azione del penalista.

 

L’ennesimo contenzioso sulla casa dove nel gennaio 2002 fu ucciso il piccolo Samuele, al centro negli anni di perizie tecniche, battaglie passate dalle aule di giustizia ai plastici dei salotti televisivi, ha origine dalla sentenza civile che ha condannato la donna a risarcire il suo ex legale con oltre 275mila euro per il mancato pagamento degli onorari difensivi risalenti ai processi penali, una cifra cresciuta a 450mila nell’atto di pignoramento.

 

Taormina, assistito dal figlio Giorgio, anche lui avvocato, nei mesi scorsi aveva deciso di agire sull’unico bene concretamente aggredibile, cioè la metà della proprietà immobiliare nella frazione di Montroz dove viveva Franzoni, ora residente sull’Appennino bolognese, che proprio in Val d’Aosta era tornata per qualche giorno dopo aver scontato la condanna a 16 anni per l’omicidio del figlioletto.

 

Franzoni e Lorenzi, che in questa vicenda sono difesi dagli avvocati Maria Rindinella e Lorenza Parenti del foro di Bologna, si sono opposti all’esecuzione, segnalando alcuni vizi formali e in particolare sostenendo che la villetta, a loro avviso, non è pignorabile perché all’interno di un fondo patrimoniale, costituito a maggio 2009. Argomento però respinto dal giudice Paolo De Paola che, in un’ordinanza di 12 pagine, si è concentrato sulle motivazioni della costituzione del fondo, fatta da Lorenzi in qualità, all’epoca, di tutore della moglie: Franzoni, infatti, in quel periodo era interdetta a seguito della condanna penale.

 

Secondo il tribunale la nascita dello strumento che consente di vincolare i beni era ricollegabile alla vicenda processuale di Franzoni che, appunto per il suo stato di detenzione, non poteva occuparsi dei bisogni materiali e morali della famiglia. Legato ai bisogni della famiglia è quindi anche il debito contratto con Taormina per l’attività difensiva, in quanto funzionale a ottenere la possibilità, per lei, di ritornare il prima possibile ai suoi affetti.

 

Se il debito ha queste caratteristiche, il fondo, osserva in definitiva il giudice, non può essere motivo di opposizione. Il prossimo passo è la possibile disposizione della vendita forzosa dell’immobile, anche se pende ancora un giudizio nel merito, che bisognerà vedere se Franzoni intenderà coltivare, sempre davanti al tribunale di Aosta e che il giudice invita a fissare entro il 30 ottobre. Potrebbe allora non essere questo il capitolo definitivo della storia di un luogo che per il suo passato tragico è divenuto un simbolo, a cui gli abitanti del piccolo paese aostano rinuncerebbero probabilmente volentieri.

 

Meta di turismo macabro e casa dei tanti misteri irrisolti, tra chi cercava un’arma mai trovata o tracce utili a risolvere un giallo che ha diviso gli italiani in colpevolisti e innocentisti, ma che ha avuto, alla fine, una sola responsabile, per i giudici: Annamaria Franzoni. Colei che da quando è tornata finalmente libera ha cercato di ricominciare una nuova vita difesa dal silenzio della sua famiglia e delle sue montagne in provincia di Bologna, lontana dalla visibilità mediatica che l’aveva contraddistinta durante la fase del processo e che in questi giorni ha perso un’ulteriore battaglia, in tribunale, con il suo ex difensore.

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