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La relazione del commissario

Siccità, a Nordest priorità ai lavori per il bacino del Corlo e il cuneo salino

Nella relazione presentata dal manager vicentino Nicola Dell'Acqua indicate 15 opere. Servono 750 milioni: «L'idea degli Hydrobond di Viveracqua fa scuola per tutti»
Il bacino del Corlo: previsti 107 milioni per recuperare capacità
Il bacino del Corlo: previsti 107 milioni per recuperare capacità
Il bacino del Corlo: previsti 107 milioni per recuperare capacità
Il bacino del Corlo: previsti 107 milioni per recuperare capacità

Una quindicina di opere a Nordest classificate "priorità", ma per realizzarle servono circa 750 milioni di euro, e i soldi nelle casse dello Stato sono un problema. Però ci sono anche altre strade per recuperare le risorse: ridefinire i canoni da far pagare a chi è autorizzato a derivare acqua, e percorrere la strada tracciata dai gestori di acquedotto-fognature del Veneto riuniti in Viveracqua: l'emissione degli Hydrobond. C'è anche tutto questo nella "Seconda relazione alla Cabina di regia nazionale" presentata a Roma dal manager veneto Nicola Dell'Acqua, commissario straordinario nazionale per l'adozione di interventi urgenti connessi al fenomeno della scarsità idrica.

Opere prioritarie

Il commissario si è avvalso del lavoro delle sette Autorità nazionali di bacino. Quella delle Alpi orientali a cui fa capo il Nordest segnala che su 5.700 milioni di metri cubi d'acqua necessari ogni anno, ben 4100 vanno per le irrigazioni, 1000 per usi civili e 600 per usi industriali. Sul territorio ci sono 46 bacini che possono servire a combattere i periodi di siccità: la maggioranza di spazi fa capo all'Adige seguito da Piave, Livenza e per ultimo da Brenta-Bacchiglione. Su 107 opere da fare, il commissario Dell'Acqua ne indica una quindicina come priorità. Il cantiere maggiore, da 107 milioni, riguarda la diga del Corlo ad Arsiè, essenziale per il Brenta: l'obiettivo è modificare gli scarichi e permettere così di invasare più acqua. Ma un'altra opera prioritaria arriva dal Bacino del Po: 90 milioni vanno spesi per realizzare una barriera che impedisca la risalita dell'acqua del mare lungo la foce del Po di Pila; si aggiungono 19,4 milioni per migliorare la gestione della zona di Porto Tolle, con il riutilizzo delle acque di bonifica per aiutare l'irrigazione. Tornando al bacino "Alpi orientali", invece, tre opere di rilievo riguardano il territorio friulano, mentre in zona Piave due cantieri da 96 e 33 milioni servono per riconvertire in funzione anti-spreco il sistema di irrigazione di scorrimento a Vedelago, e altre 25 milioni per impermeabilizzare i canali principali. Altri 16 milioni sono prioritari per il Leb, metà per ripristinare il canale irriguo sotterraneo Guà-Bacchiglione e metà per la condotta irrigua "Lebbino" in zona delle terme. Infine 24 milioni servono complessivamente in zona Brenta, soprattutto in funzione anti-sprechi d'acqua, per sistemare l'irrigazione di 780 ettari a Bressanvido e Sandrigo (Vamporazze), per l'impianto irriguo Medoaco tra Bassano, Rosà a Cartigliano, quello di Maragnole e per quello che serve quasi 300 ettari tra Bassano, Pove e Romano d'Ezzelino.

Una svolta gestionale

Come detto, la relazione del commissario si pone anche l'obiettivo di riorganizzare il sistema della gestione acque. L'intervento sul Corlo, ad esempio, è solo uno dei tanti per una strategia di recupero di spazi dei bacini che sono spariti per l'accumulo di ghiaia e detriti: «Il 20% della capacità di invaso delle grandi dighe non risulta sfruttato». Ma a livello organizzativo una delle grandi proposte di Dell'Acqua è di riuscire a creare una "governance" coordinata per il sistema di reperimento dell'acqua. Come fare? Da una parte sembra obbligatorio superare l'attuale configurazione giuridica dei consorzi di bonifica, prendendo esempio da come sono organizzati i servizi idrici che gestiscono acquedotti e fognature-depurazione. Dall'altra le Regioni devono velocemente cambiare il sistema di calcolo dei canoni da far pagare a chi ottiene la concessione di derivazione di acqua pubblica (in Veneto ad esempio sono autorizzati al massimo quasi 2 mila metri cubi di acqua al secondo). E per reperire risorse per le opere senza dover sempre aspettare i contributi statali, rimarca Dell'Acqua, fa scuola per tutti la strategia dei gestori degli acquedotti veneti riuniti in Viveracqua: l'emissione degli Hydrobond, finanziati dalla Bei-Banca europea investimenti, con la raccolta di mezzo miliardo in due tranche che ha permesso di realizzare più di mille cantieri.

Piero Erle

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