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Veneto

Natasha, le indagini
si concentrano
sulla sua famiglia

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Il recupero della salma di Natasha Chokobok
Il recupero della salma di Natasha Chokobok
Il recupero della salma di Natasha Chokobok
Il recupero della salma di Natasha Chokobok

VERONA. Rimane ancora un giallo la morte di Natasha Chokobok, la giovane donna di origini ucraine che venerdì mattina, a dieci giorni dalla scomparsa, è stata ritrovata senza vita sulla sponda sinistra del fiume Adige a qualche centinaio di metri dal ponte della ferrovia, tra il territorio di Porto e quello della frazione di Canove. Le certezze sulla morte della giovane arriveranno solo dall’esame autoptico che il magistrato di turno della Procura scaligera, il dottor Stefano Aresu, ha già predisposto. L’incarico, che sarà ufficializzato nella giornata di martedì prossimo, 23 aprile, è stato affidato alla dottoressa Elisa Vermiglio dell’Istituto di Medicina legale di Verona che eseguirà l’autopsia sulla 29enne probabilmente già nello stesso giorno.

Ieri, invece, ha avuto luogo il triste rito del riconoscimento del corpo da parte dei familiari. E ad effettuarlo è stato Alin Rus, compagno della giovane e padre della sua bimba nata sei anni fa dalla loro unione. Lo stesso uomo su cui puntano l’indice, senza tanti giri di parole, i parenti di Natasha, che vedono alcune ombre nel suo comportamento dopo l’allontanamento della giovane colf dal loro appartamento di Porto. In attesa dei primi risultati dell’autopsia, non si fermano comunque le indagini della stazione dei carabinieri di Legnago, coordinate dal luogotenente Luigi Mura, che proseguono serrate, concentrandosi in particolare sulla cerchia familiare della giovane mamma e sulle dichiarazioni del suo convivente, il saldatore romeno di 35 anni, le cui versioni ed il cui comportamento, prima e dopo la scomparsa di Natasha, vengono vagliati con attenzione dagli inquirenti.

 

Così come le due denunce a suo carico presentate tempo fa e poi ritirate dalla compagna e i referti medici in possesso di Elena Mihai, madre di Natasha. Ed è proprio a lei che in queste ore si stanno stringendo in particolare familiari ed amici. Dopo il malore che l’aveva colpita venerdì mattina all’arrivo sul luogo del ritrovamento del corpo della figlia, la signora è stata tenuta sotto osservazione per qualche ora al Pronto soccorso dell’ospedale «Mater Salutis» prima di raggiungere l’abitazione della sorella Veronica, a Minerbe, dove al momento si trova ospite insieme all’altro figlio, il fratello ventenne di Natasha, arrivato dall’Ucraina proprio per starle accanto in questi dolorosi momenti.

 

Nelle ore successive al rinvenimento del cadavere della figlia, Elena Mihai, oltre a ricevere l’affetto di parenti ed amiche, ha avuto modo di incontrare prima don Boris, un sacerdote cattolico di origini ucraine che in questi giorni è di supporto alla parrocchia del Duomo, e poi padre Daniel Valentin Ilie, responsabile della chiesa ortodossa di Porto. Il quale, ieri pomeriggio, l’ha raggiunta a Minerbe subito dopo aver ricordato Natasha nella liturgia. Sempre a padre Ilie si è rivolto anche Rus, il quale, dopo essersi confessato, ha raggiunto l’argine insieme ad un amico e ha acceso una candela per Natasha.

 

La notizia del ritrovamento della giovane mamma, rimbalzata subito anche sui media nazionali che nei giorni scorsi si erano occupati del caso, ha destato profondo cordoglio e sincero dolore in città. Molti hanno affidato a Facebook i loro messaggi di vicinanza alla famiglia, con pensieri rivolti in particolare alla bambina. Nei diversi post, in gran parte firmati da donne, si fa anche esplicito riferimento alle violenze e alle vessazioni che avrebbe subito Natasha, ma anche, da parte di chi ha avuto modo di conoscere la giovane, al suo essere «donna e mamma, con una dolcezza e bontà uniche». Mentre altri invitano al silenzio e al rispetto e «a fermare la foga di un verdetto immediato», rimettendosi solo a quanto riveleranno le indagini degli inquirenti. 

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