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La tragedia di San Vito di Negrar

Morte di Chris, ecco perché l'investitore non è stato arrestato. L'associazione vittime: «Senza regole l'auto è un'arma»

di Laura Perina
Il procuratore aggiunto Bruni: «Individuato ore dopo, mancava la flagranza. Ora valuteremo alla luce delle indagini»
Fiori e biglietti sul luogo dell'incidente mortale a San Vito di Negrar (foto Pecora)
Fiori e biglietti sul luogo dell'incidente mortale a San Vito di Negrar (foto Pecora)
Fiori e biglietti sul luogo dell'incidente mortale a San Vito di Negrar (foto Pecora)
Fiori e biglietti sul luogo dell'incidente mortale a San Vito di Negrar (foto Pecora)

Investitore indagato a piede libero e polemiche: «Al momento l’automobilista che ha travolto Chris Obeng Abom è stato denunciato per tre reati, omicidio stradale e le due ipotesi previste dall’articolo 189 del codice della strada, ovvero non aver ottemperato all’obbligo di fermarsi e a quello di prestare soccorso. Non era possibile», interviene il procuratore aggiunto Bruno Bruni, «effettuare l’arresto poiché mancava la flagranza e sarebbe stato illegale. Si poteva valutare il fermo ma con una probabilità del 99 per cento non sarebbe stato convalidato».

«L’individuazione del responsabile è avvenuta ore dopo l’incidente. Gli atti sono arrivati questa mattina in Procura (ieri per chi legge, ndr) e valuteremo se chiedere la misura alla luce delle risultanze delle indagini. In ogni caso la patente e l’auto sono state sequestrate». Escluso anche il pericolo di fuga: «Si è allontanato dal luogo dell’incidente, vero, ma ha fatto ritorno a casa, come hanno verificato i carabinieri di Negrar».

L’indagato è un operaio di 39 anni che avrebbe solo detto di non essersi reso conto di avere investito qualcuno e, al contrario, di aver urtato qualcosa, un paletto. Ma un pezzo di ferro non sfonda il vetro. E in ogni caso non è nemmeno sceso per verificare che l’auto fosse in condizione di proseguire.

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L’associazione vittime

Per Patrizia Pisi, responsabile per Verona della Avisl onlus, l'Associazione vittime incidenti stradali, quella di Chris Abom è «una morte che si poteva evitare». E non solo perché, come sottolineato anche dei medici che lo hanno assistito in ospedale, se chi lo ha investito si fosse fermato a soccorrerlo, il ragazzo si sarebbe salvato. «Quando ci si mette alla guida, oltre a non essere alterati, occorre conoscere e rispettare le regole della strada, senza le quali l'automobile diventa un'arma nelle nostre mani», afferma. «Deve passare questo messaggio, altrimenti sarà una strage continua».

A nome dell'associazione di cui è referente, Pisi non esita a esprimere sconcerto e indignazione. «Sconcerto, perché non si può accettare che una persona ne investa un'altra e scappi. Indignazione, perché ci chiediamo come mai quest'uomo non sia in carcere. La legge è chiara e di fronte ai presupposti di questo incidente, chi lo ha provocato doveva essere arrestato subito. La gente ha il diritto di vedere che le leggi funzionano».

Da madre, condivide il dolore per una giovane vita spezzata. Lei conosce da vicino il peso di quel lutto, avendo perso suo figlio Alberto, travolto e ucciso da un'auto a 17 anni, nel 2008. Da quel momento, ha dedicato la vita a sensibilizzare i giovani sulla guida e sulla prudenza in strada. Grazie al suo impegno e a quello del marito Stefano Benato, a Verona è nato il primo punto di ascolto in Italia per i familiari delle vittime della strada, che ha sede a Palazzo Barbieri. «Da gennaio a maggio di quest'anno ho partecipato dal almeno 15 incontri nelle scuole», racconta. «Ma parlare ai ragazzi non basta. Occorre anche intercettare gli adulti». E lancia un appello agli enti locali: «organizzatevi per fare serate sul tema della sicurezza stradale», commenta, amareggiata.

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