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Miteni, bilancio in rosso Persi 1,3 milioni in 2 mesi

L’entrata dell’industria chimica Miteni che ha sede a Trissino
L’entrata dell’industria chimica Miteni che ha sede a Trissino
L’entrata dell’industria chimica Miteni che ha sede a Trissino
L’entrata dell’industria chimica Miteni che ha sede a Trissino

La speranza era scritta nero su bianco nel piano industriale. Nel corso del 2018, però, l’emorragia non si è fermata. Anzi. Le perdite sono peggiorate clamorosamente: in due mesi l’azienda ha perso un milione 351 mila euro rispetto al rosso che aveva già previsto. E la liquidità disponibile si è assottigliata riducendosi via via da 3 milioni e 40 mila euro di luglio a 750 mila euro di settembre. Miteni spa di Trissino, l’industria chimica accusata di essere la responsabile dello storico inquinamento da Pfas in Veneto, porta così i libri in tribunale. Stamattina è prevista l’udienza divisa in due parti: quella con le istituzioni e quella con i creditori. La situazione è così grave da non permettere il concordato preventivo, come si sperava a maggio, quando è stata avviata la procedura affidata al commissario giudiziale, Domenico De Rosa, di Vicenza. QUEL PIANO IN ROSSO. In teoria il nuovo piano economico e finanziario per il periodo 2018-2019 doveva portare alla salvezza. Prevedeva una fase dura, un ulteriore peggioramento dei risultati economici, per poi passare ad un miglioramento successivo. Il processo passava attraverso il concordato per riuscire a salvarsi. Ma, come noto, non è andata così. Ecco perché. Nel piano finanziario, l’Ebtida è previsto negativo per 3 milioni 647 mila euro a dicembre 2018 e positivo per 1,9 milioni a fine 2019. I tre mesi di questa estate però sono devastanti. Luglio registra già un peggioramento rispetto ai numeri previsti nel piano. Tuttavia in quei giorni l’obiettivo risulta ancora abbordabile: il risultato può ancora riallinearsi ai dati previsionali. Quel peggioramento, stando alla società, è dovuto ad una imprevista flessione delle vendite per un ritardo nella consegna di materie prime da un fornitore. SI COLA A PICCO. Agosto però è ancora peggio: si registrano perdite superiori a quelle già previste, che erano di per sè nere, per un valore di-1 milione e 351 mila euro. Le ulteriori perdite sono dovute alla flessione del valore della produzione (322 mila euro), all’aumento del costo delle materie prime (435 mila euro), dello smaltimento (233 mila), delle manutenzioni (166 mila) e del personale (118 mila). Non solo. In quel periodo, a seguito delle ordinanze emesse dalla Provincia e ad un incidente (la fuga di un gas, l’acido fluoridrico anidro, da un serbatoio) l’azienda prevede un blocco produttivo con l’annunciato ricorso alla Cassa integrazione. L’intenzione poi è sempre quella di ripartire. Ma per farlo serve una cura. E cioè, l’innesto di altra liquidità da parte del socio proprietario: per garantire continuità aziendale diretta, secondo le stime della società Kpmg, servono tra i 17 e i 20 milioni di euro. Miteni chiede alla proprietà subito una boccata di ossigeno da 4 milioni di euro di cui 1,5 milioni da versare prima della fine del mese di ottobre. L’assemblea dei soci della multinazionale Icig, che detiene Miteni, si riunisce il 19 ottobre ma manifesta «la propria indisponibilità a fornire il supporto finanziario». E così, come noto, la situazione precipita: nel giro di pochissimo il Cda della ditta vicentina si riunisce assumendo urgentemente le ultime delibere conseguenti e poi tutti i componenti rassegnano le dimissioni. Miteni è in fallimento. • © RIPRODUZIONE RISERVATA

Cristina Giacomuzzo

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