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Nuove strategie

La comunità si fa sistema: ecco il segreto di Parma

“Territori attrattivi: ora tocca alle imprese” era il tema dell’incontro di ieri mattina (Foto Colorfoto/Toniolo)
“Territori attrattivi: ora tocca alle imprese” era il tema dell’incontro di ieri mattina (Foto Colorfoto/Toniolo)
“Territori attrattivi: ora tocca alle imprese” era il tema dell’incontro di ieri mattina (Foto Colorfoto/Toniolo)
“Territori attrattivi: ora tocca alle imprese” era il tema dell’incontro di ieri mattina (Foto Colorfoto/Toniolo)

Il rilancio del territorio attraverso lo stretto legame tra tutte le sue componenti, con il mondo dell’impresa in prima linea per trovare strade nuove. Strade da percorrere rigorosamente in condivisione, con senso di comunità. Sono alcuni dei concetti emersi nel corso dell’incontro “Territori attrattivi: ora tocca alle imprese” che ieri mattina, a palazzo Chiericati, ha visto confrontarsi - moderati dal caporedattore economia del Corriere della Sera, Nicola Saldutti - Andrea Bolla, presidente e amministratore delegato di Vivi Energia, Simone D’Alessandro, direttore ricerche di Hubruzzo Fondazione Industria responsabile, Ivana Pais, docente di Sociologia economica all’università Cattolica del Sacro Cuore, Matteo Celebron, vicesindaco di Vicenza, e Alessandro Chiesi, chief commercial officer di Chiesi Farmaceutici e presidente “Parma, io ci sto!”. E proprio dall’esperienza parmense hanno preso le mosse le riflessioni dei protagonisti.

Correva l’anno 2016, la città emiliana viveva un periodo di fragilità, le classifiche nazionali sulla qualità della vita la vedevano crollare oltre il 20esimo posto, finché non accadde qualcosa, che Chiesi racconta così: «Da un piccolo gruppo di amici imprenditori è nata un’associazione. Ci interessava rendere il territorio più competitivo e sapevamo che per farlo Parma doveva diventare un posto migliore in cui vivere. Abbiamo fatto sistema, ci siamo concentrati sul buon cibo, sulla formazione, il tempo libero e il turismo, da cui abbiamo iniziato a costruire, coinvolgendo le istituzioni, la scuola, l’università, per ridare alla città un nuovo impulso e immaginare una nuova idea di futuro. Il risultato? Siamo tornati nella top 10 italiana per la qualità della vita». Questione di sinergie, quelle che Vicenza sta coltivando in vista della candidatura a capitale italiana della cultura per il 2024, come spiega Celebron: «Come amministrazione abbiamo iniziato a coinvolgere in questo percorso le categorie economiche, gli imprenditori, le associazioni. Il rapporto tra impresa e territorio è fondamentale e per noi il confronto con il mondo produttivo è uno stimolo, si tratta di un legame connaturato a queste latitudini, abbiamo esempi importanti di partenariato pubblico-privato come H-Farm». 


«Se non si lavora assieme alla pubblica amministrazione, è difficile andare da qualche parte», gli fa eco Bolla, secondo il quale l’impresa è in grado di portare un valore aggiunto, «non solo in termini di pragmatismo, ma anche di capacità di definire gli obiettivi e di misurarli nel tempo». Uno di questi è attrarre i giovani talenti. Come? «Facendo comunità, come fece Olivetti prima di noi», riflette D’Alessandro, che spiega la genesi di Hubruzzo, la fondazione nata da sette big dell’imprenditoria abruzzese allo scopo di coniugare sviluppo, crescita economica, rispetto per l’ambiente e qualità del lavoro. Per realizzare quello che il direttore descrive come «umanesimo», una delle chiavi «del “neopopolamento”. Le persone vogliono tornare e scelgono l’Italia migliore. Noi ci sforziamo di far capire che c’è un Abruzzo contemporaneo e lo facciamo attraverso quegli imprenditori che hanno sposato anche la cultura d’impresa». Le persone che tornano «introducono un ingrediente nuovo», si inserisce Pais: «Penso alle esperienze, di nicchia ma interessanti, di lavoratori del Sud che lo smart working ha riportato a casa e che sono andati a bussare dai rispettivi sindaci per creare degli spazi di coworking. L’ultimo anno e mezzo ha generato un’innovazione dettata dal bisogno e qualcuno ne ha approfittato per creare progetti per il proprio territorio, ricreando legami locali. Un’ottica da mettere a sistema, anche se prossimità non significa chiudersi nel proprio quartiere».

Alessia Zorzan