<img height="1" width="1" style="display:none" src="https://www.facebook.com/tr?id=336576148106696&amp;ev=PageView&amp;noscript=1">
Cisl

Va ripensato il dialogo tra imprese e lavoratori

Più attenzione ai valori emergenti dei lavoratori, specie tra i giovani
By Athesis Studio

La ripresa autunnale inizia all’insegna delle forti preoccupazioni per il futuro legate alle conseguenze del caro-energia, ma anche delle difficoltà da parte delle imprese a reperire le professionalità di cui hanno necessità. Proprio su questo tema concentra l’attenzione Raffale Consiglio, Segretario Generale Provinciale di Cisl Vicenza: «È evidente che la pandemia prima e ora la guerra hanno portato problematiche economiche e sociali che devono essere affrontate con nuove progettualità, che dobbiamo costruire insieme attraverso il dialogo sociale. Ma questi sono temi di politica e programmazione nazionale, mentre come Cisl Vicenza vogliamo focalizzarci sulla relazione tra impresa e lavoratori, che è ciò che ha reso possibile il grande sviluppo del Veneto».

Manca il lavoro o mancano i lavoratori?

«Mancano le competenze. Manca l’incrocio tra competenze e offerta: su questo tema come Cisl Vicenza già due anni fa avevamo sollevato la questione, con una ricerca del nostro Centro Studi, ma bisogna riconoscere che su questo si sta iniziando a lavorare. Però se non facciamo qualcosa in futuro mancheranno anche i lavoratori, perché i dati demografici nel nostro territorio lo evidenziano chiaramente: per questo motivo occorre rivedere i flussi migratori».

È anche una questione di attrattività?

«Sicuramente bisogna iniziare a far crescere in tutte le aziende le competenze riferite alla gestione del personale: nello scenario attuale la soddisfazione dei dipendenti sta diventando un tema centrale per i datori di lavoro. E questa non è basata solo sul salario: lo dimostrano i primi dati di una ricerca che stiamo elaborando, sempre attraverso il Centro Studi Cisl Vicenza, sul fenomeno delle “grandi dimissioni” nella nostra provincia, che evidenzia proprio come vi siano diverse leve per accrescere l’attrattività verso i lavoratori e la loro soddisfazione».

In passato di questi temi si parlava poco.

«Perché una volta il nostro tessuto economico era basato su una relazione forte tra l’imprenditore e i suoi collaboratori: spesso il “paròn” era stato lui stesso un operario e comunque si faceva tutti parte della medesima comunità, e questo era sufficiente come collante insieme alla comune voglia di lavorare. Oggi questo meccanismo di relazione c’è molto meno, per questo diventa ancora più importante porre attenzione ai propri collaboratori, che sono una risorsa indispensabile per la crescita delle imprese. E come sindacato possiamo contribuire a questo percorso, per leggere i nuovi bisogni dei lavoratori, soprattutto dei più giovani».

Si discute molto su giovani e lavoro.

«Dalla ricerca che presenteremo sembra emergere un dato molto importante: le nuove generazioni desiderano assolutamente impegnarsi nel lavoro, ma mirano anche ad una migliore qualità della vita attraverso un corretto equilibrio tra sfera lavorativa e personale. Forse perché è una generazione che è cresciuta in un contesto di generale benessere, e probabilmente questi bisogni sono stati anche amplificati dal Covid: invece di esprimere giudizi, dobbiamo tenere conto di queste istanze, costruendo relazioni diverse tra imprese e lavoratori che considerino anche i bisogni e i valori dei giovani, e non solo quelli delle generazioni mature».

C’è anche una questione di qualità dei contratti?

«Sì, questo è un altro problema, soprattutto in alcuni settori in cui la legislazione ha aperto a diverse opportunità di gestione del rapporto di lavoro e in molti casi c’è un abuso di questi strumenti. Sono troppi i lavoratori che hanno contratti precari o estremamente flessibili anche laddove non c’è la necessità. In alcuni ambiti le regole devono essere riviste, inoltre sono necessari più controlli da parte delle autorità ispettive, che però sono sempre a corto di organici. Lo dimostra il fatto che nelle realtà in cui invece come sindacato siamo fortemente presenti, tipicamente le grandi aziende manifatturiere, queste forme di abuso non ci sono».