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Consumo

Crescono i timori per l'inflazione

Sui prezzi al dettaglio incidono i costi di produzione, ma anche di gestione e trasporto
By Athesis Studio

Inevitabilmente il rincaro dei costi di produzione si ripercuote sui prezzi al consumo, sui quali come noto incidono anche altre variabili, come ad esempio i costi di trasporto. In questo 2022 si sono così allineati tutti gli elementi per una fiammata dell’inflazione come non si vedeva da molti anni: secondo l’Istat nel mese di luglio l’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività (NIC), al lordo dei tabacchi, ha registrato un aumento dello 0,4% su base mensile e del 7,9% su base annua (da +8,0% del mese precedente). L’ “inflazione di fondo”, al netto degli energetici e degli alimentari freschi, accelera da +3,8% a +4,1% e quella al netto dei soli beni energetici da +4,2% a +4,7%. E la sensazione è che la crescita sia destinata a proseguire ulteriormente in inverno, quando a meno di drastici provvedimenti nazionali ed europei il caro-energia farà sentire i propri effetti in tutta la sua drammaticità.

Più in dettaglio, sempre con riferimento al mese di luglio, su base annua rallentano i prezzi dei beni (da +11,3% a +11,1%) mentre accelerano quelli dei servizi (da +3,4% a +3,6%); si riduce, quindi, il differenziale inflazionistico negativo tra questi ultimi e i prezzi dei beni (da -7,9 di giugno a -7,5 punti percentuali).

Accelerano sia i prezzi dei beni alimentari, per la cura della casa e della persona (da +8,2% a +9,1%) sia quelli dei prodotti ad alta frequenza d’acquisto (da +8,4% a +8,7%).

L’aumento congiunturale dell’indice generale è dovuto prevalentemente ai prezzi dei Servizi relativi ai trasporti (+2,7%), degli Alimentari lavorati (+1,5%), dei Beni non durevoli (+0,6%) ed è frenato solamente dalla diminuzione dei prezzi Alimentari non lavorati (-1,7%).

L’inflazione acquisita per il 2022 è pari a +6,7% per l’indice generale e a +3,3% per la componente di fondo.

In questo quadro accelera anche la crescita dei prezzi del cosiddetto “carrello della spesa”, che si porta a +9,1%, registrando un aumento che non si osservava da settembre 1984.
Leggermente meglio dovrebbe andare il prossimo anno, secondo le previsioni degli esperi di Standard & Poor, che per il 2023 prefigurano un’inflazione al 3,4%. Ma questo soprattutto per effetto di una compressione del potere di acquisto dei consumatori, dunque per effetto di una frenata della domanda interna con tutti i rischi del caso per quanto riguarda l’andamento della produzione.
Del resto non c’è da stupirsi: gli Stati Uniti sono già entrati tecnicamente in recessione, anche se la politica monetaria della FED - ribadita anche nei giorni scorsi dal presidente Jerome Powell - continuerà a essere focalizzata sull’incremento dei tassi per contrastare l’inflazione, a costo di andare incontro ad un periodo difficile per la produzione.
E la BCE sembra avviata sulla stessa strada, anche perché il virus dell’inflazione ha già contagiato un po’ tutti i Paesi europei: come spesso accade la medicina potrebbe essere amara ma indispensabile.