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PALLONE D'ARGENTO

Baratto, il Santa-allenatore che incrociò Kean e Bastoni

di Stefano Angonese
Esterno "alla Kvaratskhelia" del S. Croce (Seconda), guida la formazione Giovanissimi. Con il Cittadella sfidò in amichevole l'Italia U17: «Moise il più forte di tutti per distacco»
Mattia Baratto, attaccante del S. Croce Bassano
Mattia Baratto, attaccante del S. Croce Bassano
Mattia Baratto, attaccante del S. Croce Bassano
Mattia Baratto, attaccante del S. Croce Bassano

Mattia Baratto, classe 2000 con le idee chiare sul suo futuro che si sta costruendo a scienze motorie dell'Università di Verona, è uno che nel pianeta-calcio svaria su più fronti: giocatore, tecnico e Santa-allenatore (proprio così, non è un errore). Fin dai 4 anni lo si vedeva gironzolare per casa con un pallone tra i piedi, come gli ha raccontato papà Rudy (ex Verona, Teramo, Treviso...); poi quel pallone ha iniziato a spedirlo in porta. Attaccante esterno, con uno stile "alla Kvaratskhelia" (e pensare che lui è tifosissimo della Juve), dotato di «buona tecnica, discrete velocità e visione di gioco, ma scarso di testa».

Il percorso

Il suo percorso a livello giovanile inizia con l'Angarano e quindi Bassano, Cittadella (dove con gli Allievi nazionali incrocia in amichevole pre-Europei l'Italia U17 di Scamacca, Bastoni, Pellegrini e Kean, «per distacco era il più forte di tutti»), Montebelluna e Cartigliano. L'esordio tra i "grandi" a Rosà, in Promozione; poi dal dicembre 2019, quasi per caso (dice), approda al S. Croce Bassano, dove realizza il suo primo gol nell'ultima partita prima dell'avvento del Covid-19. «Ho trovato un ambiente fantastico e qui sto bene; la scorsa estate ho ricevuto alcune proposte, ma ho deciso di rimanere per cercare di portare in alto questa squadra». E la strada è quella giusta, anche se ormai bisognerà passare per la strettoia-playoff. «Quella del San Pietro Rosà è una promozione meritata - ammette con sincerità -, ma dovevamo rendergliela più complicata, essere lì a giocarcela fino alla fine. Sono stati più regolari; noi, invece, abbiamo perso troppi punti».

Il tridente

Assieme agli amici, e compagni di candidatura, Nicola Angelini e Daniele Baggio forma il tridente che finora ha prodotto più del 50% del fatturato offensivo. «Tra di noi non c'è competizione, solo una bella intesa, in campo e fuori. A Daniele ruberei il colpo di testa e la potenza nel tiro; a Nicola la capacità di leggere le situazioni e il senso del gol alla Inzaghi».

Dal campo alla panchina

«Sono ormai cinque anni che alleno nel settore giovanile. Al S. Croce mi occupo dei Giovanissimi che dalla scorsa stagione sono cresciuti molto e i risultati (attualmente al secondo posto nel girone A) si vedono. Lavorare con i ragazzi mi diverte e mi dà soddisfazione. E poi ho la fortuna di poterlo fare con un gran gruppo. Queste esperienze personali faranno parte anche della mia tesi di laurea per la triennale. Diventare un insegnante di educazione fisica e, perché no, anche allenare sono tra gli obiettivi futuri».Rimanendo al presente, invece, c'è pure il FantaSanta, rivisitazione in chiave S. Croce del celebre fantacalcio. «Non sono un grande fan della versione tradizionale, troppo impegnativa a livello di tempo. Questa è più goliardica. Il regolamento è semplice: si attinge dai giocatori biancoverdi di Giovanissimi, Allievi, Juniores e Seconda categoria. Ogni settimana gli allenatori delle varie squadre danno i voti e così si formano le classifiche. Ho vinto un paio di volte nelle ultime giornate, ma ormai sono tagliato fuori (è al quinto posto) dalla corsa al titolo; fatali i ritardi nell'inserimento della formazione».