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ALESSANDRO VITALI

Un'eterna promessa dall'anima irrequieta

Alessandro Vitali
Alessandro Vitali
Alessandro Vitali
Alessandro Vitali

Negli anni '70, pochi giocatori movimentarono più di lui il cosiddetto "mercato della pedata". Ad Alessandro Vitali, centravanti prodigio e nazionale mancato, cannoniere per una sola stagione, il destino aveva infatti riservato una vita a tinte forti. Punta di buona tempra, generoso combattente dall'incisivo colpo di testa, possedeva le caratteristiche ideali per sfondare. Cresciuto nelle giovanili del Bologna, venne spedito a farsi le ossa in B, al sud, a Catanzaro e poi a Catania. La sua maturazione però tardava e nessuno osava scommettere su di lui, tranne il Lanerossi di Giuseppe Farina, che se lo portò a casa per pochi milioni di lire nel 1968. Vitali ripagò subito la fiducia: con la maglia biancorossa in A e Puricelli in panchina disputò la migliore stagione in assoluto nel 1969-'70, dimostrandosi uno degli attaccanti più prolifici ed esplodendo come bomber grazie a 17 sigilli, secondo solo a Gigi Riva dal quale ricevette i complimenti. Sembrava il trampolino di lancio per una radiosa carriera. L'anno magico gli valse il trasferimento alla Fiorentina per 600 milioni: all'epoca cifra davvero rilevante. I toscani intendevano sostituire adeguatamente Mario Maraschi tornato a Vicenza: il giovane Sandro sembrava la pedina giusta nello scacchiere dei viola, ma la promettente punta 25enne capitò in un anno sciagurato. A Firenze, Vitali non riuscì ad ambientarsi e una seria pubalgia lo tormentò a lungo, condizionandone notevolmente il rendimento e facendolo divenire il capro espiatorio d'una stagione balorda, con la salvezza acciuffata solo all'ultima giornata. Iniziò un periodo buio per lui, battagliero e grintoso ("In campo dava anche l'anima", ricordò Giussi Farina), polemico e indomito ribelle nella vita, apertamente insofferente alla disciplina. Tornato a Vicenza, prese quindi la via di Cagliari e pure lì non convinse: l'intesa con Rombo di Tuono non funzionò. Si trattò di un altro deludente torneo, col concreto rischio d'entrare nel lungo computo dei talenti polverizzati. Rispedito a Vicenza nella stagione 1972-'73, Vitali firmò 4 reti in 28 incontri: non c'era più la brillantezza dei tempi migliori. Nell'anno successivo si fece notare negativamente per l'espulsione rimediata alla prima di ritorno, il 3 febbraio 1974, durante Lazio-Vicenza. Un furioso battibecco con l'arbitro Umberto Branzoni gli costò 8 giornate di squalifica (ridotte poi a 6): era un sintomo della poca serenità che l'affliggeva. Nonostante i malanni fisici e senza riuscire a rappresentare il valore aggiunto d'una squadra retrocessa in seguito tra i cadetti, Vitali giocò bene nelle ultime stagioni biancorosse, prima dell'abbandono del ritiro di Rovereto, nell'estate 1976. «Non era tra i confermati - disse G.B. Fabbri - Superata la trentina, non aveva chiaro in mente cosa fare. Tuttavia mi chiese di potersi allenare con noi. Lo misi in camera con Renato Faloppa, ma dopo due giorni era già sparito». Quella partenza lasciò lo spazio per il lancio in prima squadra d'una giovane e promettente riserva di nome Paolo Rossi. Alla fine dell'esperienza berica, l'irrequieto centravanti emiliano che aveva timbrato in 150 partite segnando 39 gol chiuse col calcio ad alto livello ma non finì di dare colpi alla sfera. Si fece tesserare dalla Centese, la cittadina in provincia di Ferrara in cui era nato, chiudendo il lungo giro per l'Italia per restituire ai più giovani l'esperienza acquisita. In Serie D sentiva la voglia di ricominciare daccapo, di tornare a indossare le scarpette chiodate in un ambito a lui più congeniale, lontano da quel mondo che gli aveva dato subito il successo per poi disilluderlo altrettanto rapidamente, e per ricostruirsi una vita dopo la tragedia familiare che l'aveva colpito: sua moglie era morta cadendo da una finestra ed era rimasto solo con una figlia. Tutto venne troncato il 26 agosto 1977, all'età di 32 anni: alla guida di un'Alfa Romeo 2000 presa in prestito da un amico, insieme a un compagno di squadra, il ventenne Giorgio Lazzari, Vitali si schiantò sui platani della statale 255 fra San Matteo della Decima e San Giovanni in Persiceto, a una ventina di chilometri da Bologna. Fu l'epilogo tragico d'una vita sfrecciata. Come quella troppo breve di un'eterna promessa del calcio italiano.

SAVERIO MIRIJELLO