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EL BALÒN IN FAMIGLIA

Tonini, Griggio, Veronese e Capraro. Se i fratelli sono il cuore della squadra

Per tutti gli appassionati del calcio a Vicenza, esiste sicuramente un Lane degli almanacchi, dei tabellini e degli ingialliti fogli d’archivio. Eppure la vicenda ultracentenaria dei colori biancorossi, ben lontana dall’essere solo storia, vive e pulsa nelle vene sotterranee dei ricordi tramandati di padre in figlio e delle vecchie leggende da osteria. È una sorta di mitologia cittadina entro cui un po’ tutti si sentono a loro agio, così se anche non hai mai visto giocare Santagiuliana, Savoini o Pablito, li consideri parte di un racconto in cui riconoscerti, perché in fondo è della tua stessa storia che si tratta. E come ogni epopea che si rispetti, anche quella del Vicenza Calcio non può non avere a che fare con vicende familiari, stirpi gloriose e fratelli che calcano le medesime scene degli inizi. Ancor prima dei Rigoni di Cogollo e dei Baggio di Caldogno, gli albori del calcio vicentino vedono un susseguirsi di fratelli che tra Borgo Casale e San Felice condividono la stessa casacca sportiva.

I CAPOFILA. A fare da capofila sono i tre Tonini, così appassionati di porte e balòn da coinvolgere nell’Associazione il padre, l’ing. Virgilio, che tra il 1911 e il ’15 assume le redini del club. In famiglia Angelo, il maggiore, è quello dai piedi più dotati e dal carattere più esuberante: la domenica, infatti, prima sgattaiola lungo la fascia destra seminando il panico tra le difese avversarie; poi inforca la bici e si lancia in acrobatiche imprese scendendo in picchiata lungo i portici di Monte Berico. I più piccoli sono invece due gemelli: Adolfo e Giuseppe, i dioscuri del calcio berico, che tra le vie del corso si distinguono solo grazie al diverso colore dei capelli, l’uno biondo e l’altro castano. Adolfo è un ragazzo composto, che spicca sia tra i banchi del Liceo Pigafetta per i suoi studi eccellenti, sia in campo, grazie a quei 185 cm d’altezza che all’epoca lo rendono un titano difficile da contrastare. Giuseppe, invece, pur diplomandosi all’Istituto Rossi, alla divisa scolastica preferisce di gran lunga quella da gioco, e di fatti staziona regolarmente nel centrocampo dell’ACVI fino al 1921. Quella dei fratelli Veronese, poi, a dispetto del cognome, è un’altra vera e propria covata di calciatori biancorossi: Umberto, Domenico e Pio giocano per la squadra cittadina, mentre Giuseppe e Giulio militano tra le fila del Prato, poiché il padre, a quanto si tramanda, conduce affari proprio nel capoluogo toscano. Qualche anno più tardi è invece il turno dei Capraro: Giovanni, che porta a segno ben 34 reti, e Tullio, di poco più giovane, che fa il suo esordio nel 1922 e gioca per dieci anni di fila con la squadra della sua città, rivelandosi un eccellente terzino sinistro.

IL PALLONE TRA I VICOLI. Ma non è tutto. I vicoli della Vicenza di primo Novecento, nebbiosa e assorta, sono infatti il territorio delle scorribande di innumerevoli gruppi di ragazzini che urlano, sfrecciano in bicicletta e inseguono una palla di stracci. Tra i vari Fiore, Sergio e Cena raccontati qualche anno dopo da Parise, non pare improbabile immaginarsi anche i fratelli Griggio, che crescono in corso San Felice, poco lontano dalla birreria Sartea, e fin da bambini bazzicano per l’adiacente impianto sportivo. Gaetano, Umberto e Silvio si rivelano fin da ragazzi degli elementi importantissimi per il Vicenza. E poi è a loro che la squadra si aggrappa in uno dei periodi più bui della propria storia, dal quale se ne esce anche stringendosi attorno ad uno zoccolo duro di giocatori-bandiera a cui la società si affida per la risalita dalla palude dei campionati minori.

I RINFORZI. Il marchese Roi punta molto su Silvio, che nel 1930 rincasa dal Venezia per tornare a formare un tandem con Gaetano, all’ala sinistra il primo e all’esterno d’attacco il secondo. In campo Griggio III – così viene soprannominato il più piccolo fra loro – s’impone con un fisico possente e slanciato, diventando presto un punto di riferimento: registrerà un totale di 257 presenze e ben 46 gol con la formazione berica, di cui diventerà persino presidente una quindicina d’anni più tardi. E non sono da meno i Gianesello, anche loro in tre a vestire la maglia dell’ACVI: Sereno, che finirà anche all’Atalanta e al Milan, Alfredo e Rino, che nel Vicenza gioca per ben dieci stagioni di fila, se si esclude una parentesi fra il ’33 e il ’34 in cui milita in una formazione libica di Tripoli, negli anni in cui il governo fascista intensifica la presenza militare italiana in Nord-Africa. Nello stesso periodo, poi, i tre diventano persino cognati del compagno di rosa Silla Romanzini, il quale ne sposa una sorella. Si capisce allora che per parlare della storia di questa squadra, non ci si può limitare al pallone e alle gesta atletiche, perché è di profondi legami familiari e di vicende private che si tratta. Cosicché ogni qualvolta si è detto affettuosamente che quella del Vicenza è una grande famiglia non si è sbagliato affatto, anzi! Non si è mai stati più vicini alla verità, forse senza sapere di essere andati ben oltre la metafora.

Lane 120 continua. Nei prossimi giorni nuove storie e personaggi che hanno scritto la storia del club biancorosso.