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LA DIGA BIANCOROSSA

Mascheroni e Montani Rocce dal cuore grande

Montani & Mascheroni: la diga biancorossa. Uomini dal cuore grande, due giocatori di sostanza. Nel popolo biancorosso è indelebile il ricordo di Danio Montani e Giuseppe Mascheroni: una coppia difensiva da 312 presenze in totale nel Lanerossi tra il 1984 e il 1989, con l’aggiuntiva gioia di 6 gol, belli e significativi. Montani riavvolge il film del tempo: «Ero cresciuto come ala destra nel settore giovanile della Cremonese. Da centrocampista-incontrista, adattandomi, divenni stopper-marcatore: fu quest’ultimo ruolo a farmi notare definitivamente. Nell’estate del 1984 mi proposero Piacenza, ma da Perugia decisi di venire a Vicenza. In una partita a Treviso sostituii Cerilli: avevo tanta voglia di dimostrare quanto valevo e il destino volle che giocassi nel ruolo a me più congeniale. Qui mi fecero riprendere da un serio infortunio al ginocchio subito già a Cremona: i primi tempi non furono facili per riprendere misure e passo, ma ce la feci e conquistai un posto fisso da titolare». Di 144 partite in biancorosso, quali i momenti rimasti nel cuore? «Prima di tutto, sento ancora addosso il piacere di giocare al Menti e del brivido che ti dava l’essere in campo circondato da una cornice di pubblico esultante, dal calore della gente. Anche fuori casa: a Firenze, dove giocammo lo spareggio col Piacenza per la B, quand’entrammo in campo la curva vicentina saltava, sentivamo il terreno sotto ai nostri piedi tremare per le vibrazioni. Ricordo poi il gol al Livorno, un sinistro al volo all’incrocio dei pali, su un corner battuto da Nicolini, col pallone che usciva dall’area; quello al Prato, un siluro da 25 metri a pochi minuti dalla fine che ci diede la vittoria in casa e quando segnai all’Olimpico contro la Lazio: vincemmo come un Davide che sconfigge Golia senza aver avuto nessun timore reverenziale. In quel periodo le cose ci riuscivano molto bene perché scendevamo in campo mentalmente liberi. Quando chiesi la palla a Fortunato, pensò fossi matto a voler tirare da quella posizione: la sfera rimbalzò tanto da passare sotto alle gambe di Malgioglio, del tutto incolpevole». Indimenticabile rimane pure il ricordo d’un capitano come Mascheroni: «Grazie alla società e ai compagni - dice l’ex libero - ho trascorso 5 anni bellissimi, eccezionali». La sua figura rimarrà indissolubilmente legata anche al gol in contropiede al Piacenza, il 16 giugno 1985. «Di quel giorno ricordo tutte le emozioni. Ho giocato 15 anni tra serie C e B: le mie reti si contano sulle dita d’una mano, anche perché non era la cosa principale che dovevo fare, ma non posso dimenticare proprio quello nello spareggio. Ogni tanto riguardo le pubblicazioni su quella domenica e ripenso alle migliaia di vicentini che vennero a sostenerci. E poi a Giorgi: posso solo dire che è stato un grandissimo uomo e un bravissimo allenatore. Gli volevamo bene tutti. Nell’ultima stagione disputata avevo 35 anni: la squadra era stata costruita per vincere il campionato, eppure ci salvammo all’ultima giornata. Ci son pure annate iniziate male che finiscono peggio, ma il calcio è fatto da uomini che scendono in campo, non sulla carta. Ho avuto la fortuna di giocare con grandi uomini e giocatori. Quando giunsi a Vicenza ero“anziano”: se ho fatto bene lo devo pure a un valente tecnico e ai colleghi». Come fu l’inizio? «Nei primi mesi feci fatica. Se non avessi avuto un allenatore che seppe darmi fiducia, non avrei potuto far nulla»Ci fu una partita della svolta? «Quella giocata a Modena: restammo in 10, io con la testa fasciata; apprezzarono la mia caratteristica di non mollare». Quando nelle immagini rivede il pubblico vicentino, che cosa pensa? «A un pubblico eccezionale - è la conclusione di Mascheroni - che ti sostiene sempre. E poi giocare al Menti era sempre emozionante.

Saverio Mirijello