<img height="1" width="1" style="display:none" src="https://www.facebook.com/tr?id=336576148106696&amp;ev=PageView&amp;noscript=1">
C’È CHI NON HA MAI GIOCATO E CHI HA POLEMIZZATO

La squadra dei sogni peggiori

Alzi la mano chi, negli ultimi dieci anni, fatta eccezione per due o tre stagioni fortunate, non si è mai sentito come intrappolato in una farsa sportiva che sembrava non avere fine. Quasi che un’oscura regia avesse fatto di tutto pur di testare la pazienza del tifoso, mettendolo di volta in volta difronte a situazioni sempre più improbabili, in una sorta di Truman Show ambientato al Menti.

Se infatti il decennio 2002-2012 era stato quello dell’illusione – in cui, ammaliati dai colpi di Schwoch, non ci si era resi conto della via crucis imboccata – quello successivo pare segnato da una maggior consapevolezza. Anche perché, come si dice, a forza di bastonate prima o poi s’impara. Un decennio, questo, che si apre con un ripescaggio, a cui fanno seguito una serie d’annate infelici, culminate con Sanfilippo, i libri in tribunale e gli estrosi tweed del curatore De Bortoli.

Per puro gioco, e al netto dei buoni calciatori che comunque non sono mancati, si potrebbe pensare alla formazione dei peggiori passati in biancorosso tra il 2012 e il 2022. Sia chiaro che si tratta di una scelta.

E in quanto scelta, dell’espressione di un’opinione: nessuno se ne prenda a male, nemmeno i numerosi esclusi che ad un attento esame dei fatti avrebbero meritato di comparire almeno qui. D’altronde, si sa, l’ironia è un potente antidoto contro le amarezze. Partiamo dunque col più classico 4-3-3.

A contendersi il ruolo tra i pali c’è innanzitutto Pinsoglio, specialista in materia di retrocessioni guadagnate sul campo e di scudetti vinti dalla tribuna; e poi il buon Amelia, sulla cui carriera non si discute, ma che in biancorosso fece di fatto da spettatore non pagante (anzi, ben stipendiato) all’ennesima stagione lanciata in corsa verso la Lega Pro. Come riserva delle riserve scegliamo Angelo Di Stasio, portiere che in carriera vanta le stesse presenze in B della maggior parte dei lettori, cioè zero. Con il Vicenza giocò per puro caso una partita di Coppa nel 2014, per passare quindi alla Juve Stabia nel mercato invernale. Lo ricordiamo solo perché durante la prima conferenza coi campani millantò presunti problemi con la tifoseria veneta per via della sua napoletanità, quando possiamo ragionevolmente credere che gli appassionati del Lane a stento sapessero di averlo in rosa.

Anche per quanto riguarda la difesa, c’è l’imbarazzo della scelta. In alcuni casi soltanto un lieve imbarazzo, e magari non per i demeriti dei giocatori, ma per chi li ha ingaggiati quando semplicemente non potevano rendere di più. Come terzini vedremmo bene S. Doumbia, arrivato nel gennaio del 2017 con la nomea di uno cresciuto nel vivaio del PSG, e che tuttavia non diede alcun contributo alla causa salvezza; mentre sulla fascia opposta non può mancare Zivkov, che i più non ricorderanno certo come la linea Maginot del Bacchiglione. A far da pilone di quest’improbabile reparto arretrato, ecco Fontanini, scovato nel campionato argentino e spacciato dalla dirigenza dell’epoca come acquisto di peso, salvo poi scoprire che l’unico vero peso era il peso forma tutt’altro che ideale. E con lui Jesse Edge, primo neozelandese a firmare un contratto in un campionato italiano, che con le sue zero presenze ben esemplifica la dubbia sensatezza di molti dei movimenti di mercato di allora.

Il centrocampo non è da meno. Non sorprenderà la scelta di Giandonato, che nella sua parentesi biancorossa si dimostrò più attento al ciuffo biondo che al pallone. E nemmeno quella di Bellomo, che lascia qui un pessimo ricordo per l’arroganza con cui esultò polemicamente sotto la curva, recriminando non si sa che cosa, dopo un’annata personale del tutto incolore e con la squadra ad un passo dalla serie C. A fargli da spalla scegliamo Isnik Alimi che, non ce ne voglia, nel passato recente è parso tra i più inadatti a ricoprire il ruolo affidatogli (e ci sarà pure una ragione se è finito ora a militare nel campionato azerbaigiano, no?). Anche l’attacco è un reparto affollato. Un posto va dato a Pozzi, che venne sbandierato da Pastorelli come la punta di A pronta per sostituire Cocco, per poi raccogliere la miseria di 4 presenze e 0 gol. E uno a Longo, eterna promessa mai mantenuta, i cui tre anni di contratto strappati a Magalini col senno di poi paiono davvero una follia. Per l’ultima maglia a disposizione si sgomita: Fabinho e Jallow, su cui si aveva a torto sperato? L’evanescente Plasmati, che pure qualcosa di buono lo fece vedere? O ancora Malonga, che dopo un esordio scoppiettante si eclissò del tutto, partita dopo partita? Ai lettori l’ardua sentenza.