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LO SCUDETTO SFIORATO

Il Vicenza vive un sogno con Rossi e Fabbri ma in un battito di ciglia rotola in Serie C

Gli anni ’70 sembrano quasi contenere un avvertimento, una sorta di pizzino da consegnare alla storia e alla vita quotidiana: va bene sognare, va bene crederci, ma prima o poi bisogna fare i conti con la cruda realtà. Il periodo storico è complesso, carico di tensioni. Il mito del boom, della crescita senza sosta, del benessere per tutti, va a sbattere il muso contro l’austerity. Nel 1973 il petrolio arriva col contagocce: i mezzi privati non possono girare nei giorni festivi, i cinema chiudono alle 22, la Rai non trasmette più niente dopo le 22.45. Gli anni di piombo vivono la loro fase più cupa e cruenta, il Paese è lacerato da vecchi e nuovi conflitti. Chissà, forse non è un caso che il decennio cominci con John Lennon che invita a immaginare e si concluda con i Cure che ribadiscono che i ragazzi, a prescindere, non piangono...
Eppure in tutto questo i tifosi biancorossi hanno vissuto un sogno. Una squadra di provincia, guidata da un grande saggio e da un ragazzo come noi, riscrisse le regole giocando un calcio come mai si era visto a queste latitudini. Il Vicenza, diventato poi Real, nel biennio ’76-’78 stregò l’Italia vincendo il campionato di Serie B e giungendo secondo in A dodici mesi dopo. Un sogno, una magia, un’epopea di una bellezza straordinaria che cambiò la storia di una città e di una provincia. Ma il volo, ahinoi, durò poco. Le ali dell’Icaro biancorosso si sciolsero in fretta e il Vicenza rapidamente rotolò prima in B e poi in C. Il decennio del grande sogno comincia della Serie A. Il Lanerossi la difende con le unghie e con i denti nella stagione ’72-’73. Verso la fine del campionato il Vicenza sembra spacciato, ma con una straordinaria vittoria all’ultima giornata nello scontro diretto in casa dell’Atalanta riesce a ribaltare la situazione. I biancorossi vincono per 1-0. È festa grande per i 10mila vicentini che si erano spinti a Bergamo sperando nel miracolo. Il Vicenza si salva, soffrendo meno, anche nella stagione successiva. Ma al termine del campionato ’74-’75 il periodo d’oro si conclude: dopo venti annate consecutive in A i biancorossi retrocedono in B. Si chiude quindi un grande ciclo e la volontà della dirigenza biancorossa sarebbe quella di aprirne subito un altro. Nella stagione ’75-’76, tra i cadetti, il Vicenza parte tra i favoriti. Ma raramente pronostico si rivelò più sbagliato: il Lanerossi soffre, “vede” la terza serie e conquista la matematica salvezza soltanto alle penultima giornata.
E ora, signori, sediamoci bene. Perchè quello che stiamo per raccontare gonfia il cuore e dà pizzicore agli occhi... Siamo nella stagione ’76-’77. Il Vicenza si presenta ai nastri di partenza senza grandi ambizioni. La squadra è affidata a Giovan Battista “GiBì” Fabbri, un tecnico in cerca di riscatto dopo la retrocessione in C con il Piacenza. La stagione non nasce bene: già l’organico non pare granchè e poi, nel precampionato, il centravanti Sandro Vitali abbandona il ritiro. Piove sul bagnato, sembra. Sembra... perchè Fabbri ha un’intuizione. Il tecnico ha nel suo organico un ragazzo gracilino, cresciuto nel vivaio della Juve. Si chiama Paolo Rossi e gioca da ala. Ecco, l’idea di Fabbri è questa: perchè non metterlo al centro dell’attacco? Beh, come sia finita è noto. Il Vicenza gioca un calcio spettacolare e vince il campionato. Già sarebbe bellissimo così, ma in realtà non s’è ancora visto niente... Sì, perchè nell’annata successiva il Vicenza strappa applausi in tutta Italia: gioca un calcio paradisiaco, diverte, si piazza secondo e conquista un biglietto per la Coppa Uefa.
È un sogno. Che in pochi mesi diventa un incubo. Lo stridor di denti comincia già durante la campagna acquisti. La Juve, comproprietaria di Rossi, rivuole il bomber e alle buste offre 740 milioni. Farine risponde con due miliardi e 612 milioni, una cifra record che desta scalpore nel mondo del calcio (e non solo) e che lascia il segno sulle casse biancorosse. Giusto? Sbagliato? Resta il fatto che l’avventura in Europa dura un solo turno (il Vicenza esce per mano del Dukla Praga) e al termine del campionato arriva un’incredibile retrocessione. Rossi va in prestito al Perugia e poi per lui arriverà la mazzata della squalifica per il calcio scommesse. Intanto il Vicenza, guidato dall’emergente Renzo Ulivieri, conquista un buon quinto posto in B. Ma la stagione successiva (’80-’81) è quella del tracollo. Il Lanerorossi retrocede in C e Giussy Farina lascia a favore del figlio Francesco. E nel 1981 lo scenario societario cambia totalmente: si conclude l’era Farina e un nuovo direttivo, guidato da Dario Maraschin, si trova ad affrontare una situazione finanziaria difficile. La squadra, nel frattempo, si piazza terza in C. Tempi duri. Ma i ragazzi, come si diceva, non piangono. Anzi, si consolano con la Coppa Italia di terza serie...

Giancarlo Tamiozzo