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PAOLO ROSSI

Il sorriso di un ragazzo semplice che divenne il signore del gol

Gibì Fabbri con Paolo Rossi
Gibì Fabbri con Paolo Rossi
Gibì Fabbri con Paolo Rossi
Gibì Fabbri con Paolo Rossi

Paolo Rossi. Vicenza. Quando incontrarsi vuol dire aver trovato il filo d'oro della propria vita. Un ragazzo ed una città che si sono subito capiti e hanno deciso di camminare assieme. L'uno grato all'altra e viceversa. Vicenza quasi gelosa di questo “figlio” acquisito non solo per quanto di bello le ha regalato a livello sportivo, ma per l'uomo che era, speciale in tutti i sensi. Quel ragazzetto ventenne un po' timido e già sofferente per aver regalato tre menischi al calcio arrivò alla corte di Giussy Farina quasi per scommessa nell'estate del '76. Cartellino della Juventus, ma una carriera forse compromessa. Non fu così, perchè Paolo Rossi trovò la città giusta per lui, il presidente adatto a lui, ma soprattutto l'allenatore perfetto per guidarlo, G.B. Fabbri. Un insieme di fattori positivi che fecero nascere il campione, ma la verità è che questo non sarebbe mai avvenuto se Paolo Rossi non fosse stato, prima di ogni altra cosa, campione nell'anima. Arrivato senza tante pretese, l'abbandono improvviso dell'attaccante Alessandro Vitali gli diede l'occasione della vita e lui seppe prenderla al volo. Fisico non possente, ma rapido. Diceva sempre di sè:' la mia dote migliore? Farmi trovare al momento giusto al posto giusto'. Non un caso. Mai. Era senso tattico allo stato puro.
Fabbri lo sposta dalla fascia a centravanti e il pallone che gonfia la rete diventa la normalità. Il campionato 76-77 vede il Vicenza salire in serie A e Paolo Rossi vincere la classifica cannonieri con ben 21 reti. Ormai tutti parlano di questo ragazzo e lui modesto come i veri grandi più di qualche volta ha sottolineato: «Ho avuto la fortuna di giocare con uno come Salvi che mi faceva dei lanci perfetti, sulle fasce Filippi e Cerilli correvamo come matti, io avevo il compito di finalizzare, ma la nostra forza era il gruppo». Ragazzo serio ma capace di ridere alla vita. Il primo anno a Vicenza in appartamento con Vinicio Verza è vissuto con gioia ma senza strafare. Perchè il calcio è passione allo stato puro. Arriva la serie A e ormai tutti parlano del Real Vicenza. Ma Paolo non si monta la testa, aiutato anche dalla città che lo lascia vivere sereno i suoi spazi privati, un rispetto reciproco che è durato per sempre. Quel Vicenza era fatto di cose semplici, di cene con i dirigenti per festeggiare una vittoria. La stagione 77-78 è la consacrazione di Paolo Rossi e il presidente Giussy Farina, uomo pratico e sempre attento ai “schei”, si innamorò di questo ragazzo serio, semplice, sempre sorridente. All'interno dello spogliatoio era amato da tutti e non solo perchè stava a lui affondare gli avversari col colpo finale, ma per quello che era. Mai una pretesa, mai una richiesta di un trattamento di favore, di voler comandare sugli altri. Seduto al suo posto ascoltava, molto, e seppur giovane dava serenità. Prima delle partite anche quando si dovevano affrontare big come Juventus, Milan, Inter il clima era carico e al tempo stesso disteso. Lo stadio Menti era un catino bollente di tifo e chi ci veniva a giocare sapeva cosa lo aspettava. «Noi eravamo consapevoli - diceva Paolo - di non essere inferiori a nessuno perchè G.B. Fabbri ce lo ripeteva sempre, così come ci diceva: giocate come sapete non importa chi avete di fronte». Fu stagione d'oro. L.R. Vicenza-Juventus vede il Menti strapieno in ogni ordine di posti. Certo le foto dall'alto sono ancora oggi impressionanti. Ma l'apoteosi quel Real Vicenza forse la toccò il 23 aprile del '78: stadio San Paolo, Napoli-L.R. Vicenza. Risultato finale: 1-4, reti di Callioni, Faloppa (2) e del solito Rossi. E al termine tutti i tifosi partenopei in piedi ad applaudire i ragazzi venuti dalla provincia che avevano vinto meritatamente. Chi c'era e lo ha raccontato parla di un pomeriggio indimenticabile e lo stesso Paolo lo definì: «Da brividi».
Fu un campionato strepitoso chiuso al secondo posto alle spalle della Juventus e Rossi vinse la classifica dei cannonieri con 24 reti. Perchè se sai segnare e hai classe vera lo fai in A come in B. Tutto questo gli spalancò le porte della Nazionale e Bearzot, altro uomo fondamentale nella sua vita, lo convocò per i mondiali in Argentina. La terza stagione è segnata dalla disputa tra la Juventus e Farina, i bianconeri adesso rivogliono Rossi, Farina non ci pensa proprio. Si arriva alle buste. La cifra messa per una società come il piccolo Vicenza è da capogiro: 2 miliardi 612 milioni 510 mila lire per la metà del cartellino. I giornali si scatenano e non si capisce perchè se la prendano anche con Paolo Rossi che non c'entrava nulla ed era davvero all'oscuro di tutto, come d'altra parte gli stessi dirigenti biancorossi. Quando lo seppe invece che arrabbiarsi per non essere potuto andare a giocare nel club campione d'Italia commentò: «Ma io a Vicenza ci sto bene». Perchè Paolo era così. La spesa folle pesa sulle casse della società e qualcosa si incrina. E così nella stagione 78-79 arriva inaspettata la retrocessione in B. Un'amarezza enorme che lascia senza parole. Paolo Rossi si sfila la maglia biancorossa dopo 94 presenze e dopo aver segnato 60 gol. Per lui, come è giusto dopo un momento buio, tornò il sole, divenne Pablito, divenne il re di Spagna dell'82. Ma per Vicenza è rimasto il ragazzo semplice e senza pretese che sapeva sempre dove essere per trafiggere l'avversario. Paolo e Vicenza si sono amati, sempre. Vederlo negli ultimi anni allo stadio Menti nelle vesti di dirigente è stata una gioia per tutti. La favola si è spezzata il 9 dicembre 2020. E una Vicenza dilaniata dal dolore il 12 dicembre ha salutato il suo campione di vita e di sport.

Alberta Mantovani