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Stefano Giacomelli

Il “salbaneo” una bandiera nel bene e nel male

Anche nella storia biancorossa, ogni epoca ha le sue bandiere. E a Stefano Giacomelli la sorte ha assegnato il ruolo d’incarnare il Lane nell’ultimo, schizofrenico decennio. Ne ha viste di tutti i colori. Ma non è fuggito. Eroe della resilienza, nato nella dolce Spoleto del Festival dei Due Mondi, lui di mondo ne ha uno solo dal 2012: Vicenza. Viaggia ormai verso le trecento presenze con la R sul petto, il suo gioco esalta estimatori e detrattori perché gli riescono magie e pasticci. Entusiasmante e disarmante, vero specchio delle squadre che s’è trovato intorno. Viene in mente la tragicomica stagione 2017-2018 tra echi di Pastorelli, tormenti di Franchetto, proclami di Pioppi, epifanie di Sanfilippo, fiabesche cordate francesi, tutta una giostra da mercante in fiera destinata a schiantarsi sui dossier affidati al curatore fallimentare Nerio De Bortoli. Giusto in quel volgere di mesi, il buon Jack si trovò a passare dalla polvere all’altare. Ricordate? Stadio Bentegodi, 1° maggio 2017: all’88°, eccolo involarsi sulla fascia sinistra ma, anziché servire un assist verso il centro area a Signori, scaglia la palla in curva. Finisce 3-2 per il Verona, tappa fatale (una delle tante, per la verità) verso la C. Il riscatto porta due date: 19 e 26 maggio 2018, playout col Santarcangelo, con in panca un altro Cireneo locale, mister Nicola Zanini. Spareggi da brividi al caldo, entrambi sigillati da due salvifici peri firmati proprio Giacomelli. Nell’andata al Menti (2-1) col suo tipico destro a giro sul sette, nel ritorno romagnolo (1-1) incuneandosi tra i due centrali e beffando il portiere al minuto 81, prima dell’ultimo batticuore, il pari al 95’. Ma finisce così, la differenza reti ci grazia. Dobbiamo a quel folletto (“salbanèo” in dialetto) coi tattoo la salvezza risicata.