<img height="1" width="1" style="display:none" src="https://www.facebook.com/tr?id=336576148106696&amp;ev=PageView&amp;noscript=1">
BERTO MENTI

I segreti di un maestro

Non poteva più sfuggire all’attenzione generale, il Lanerossi Vicenza del giugno 1955 cui si spalancavano le porte della serie A. In quel periodo, la società lanciò in prima squadra giovani di sicuro avvenire, e l’anno prima scrisse il suo nome sull’albo d’oro del Torneo di Viareggio grazie a una “baldanzosa squadretta”, come la definì “Sport illustrato”, settimanale sportivo tra i più popolari dell’epoca. Collocando il vivaio vicentino tra i più autorevoli nel panorama italiano, venne chiesto a Umberto Menti, cui ne erano affidate le cure, il segreto dei risultati ottenuti, partendo dai criteri per il reclutamento dei ragazzi. «È sempre stata tradizione della mia società dare la più premurosa attenzione alle forze giovani, fossero esse cittadine, provinciali o regionali. Qui a Vicenza esistono vari ricreatori parrocchiali, presso i quali molti ragazzini professano il gioco del calcio. Di tanto in tanto mi reco ad osservarli per vedere di individuare qualche elemento da portare alla mia società. Se passando per una qualche strada mi accade di veder giocare alla palla mi soffermo ben volentieri, nella speranza di trovare qualcosa di interessante. Va aggiunto, però, che ogni anno – prima dell’inizio della stagione sportiva – la mia società indice una leva giovanile dalla quale solitamente viene la gran parte dei giovanissimi nuovi tesserati».

GLI ORARI DI ALLENAMENTO. Su come impostasse il lavoro, Berto rispose: «Dopo una scrupolosa visita medica, do inizio al lavoro ginnico-atletico e a quello sulla palla, quest’ultimo in forma individuale come pure collettivamente. Per non far perdere ore di studio o di lavoro ai miei “ragazzi” fisso il seguente orario per gli allenamenti: dalle 13 alle 15 durante l’inverno; dalle 18 alle 20 quando l’allungarsi della giornata lo consente. A ciò sono costretto anche da altri miei impegni, che mi vedono impegnato nella cura dei rincalzi della squadra titolare». All’inizio della stagione, disponendo di 15 giorni durante i quali le sedute partivano alle 6.30 (così che tutti possano essere presenti”, specificava), Menti teneva molto a una prima fase di preparazione muscolare di tutti prima del lavoro con la palla: per i primi 8 giorni comandava esercizi di ginnastica e brevi corse intercalate da scatti e salti per preparare i muscoli al lavoro da svolgere nei successivi 7 giorni, dedicati al palleggio (con “palle di gomma di dimensioni ridotte”) «per rendere sempre più sensibile il piede così che riesca, poi, più facile il controllo del pallone». «Naturalmente, ho sempre presente la natura giovane dei fisici che mi trovo di fronte». Successivamente Menti passava a istruirli sulla maniera di colpire al meglio la palla di testa, insieme alla cura d’una buona elevazione (utilizzando «un pallone appeso alla forca», da colpire sia da fermi sia in corsa e di finte col corpo). Faceva quindi seguire degli esercizi di palleggio, d’arresto della sfera con entrambi i piedi. Quanto all’insegnamento teorico, spiegava: «Quando vedo che i ragazzi sono in possesso di una sufficiente padronanza della palla, passo all’istruzione teorica sul gioco di squadra ed in ispecie sullo smarcamento. Dette lezioni vengono tenute negli spogliatoi e mi servo del campo magnetico. I miei allievi possono – anzi devono – intervenire chiedendo spiegazioni e chiarimenti ai quali io cerco di rispondere esaurientemente con dimostrazioni pratiche sulla convenienza di un passaggio o sulla necessità di uno smarcamento in un determinato settore anziché in un altro. Insisto affinché i ragazzi intervengano chiedendo spiegazioni onde essi siano, poi, veramente convinti che quanto loro suggerito è utile e conseguentemente necessario. Nel raccomandare, nel volere anzi, che i giovani intervengano sul mio dire è la ricerca di una sempre più sincera – seppur rispettosa – confidenza fra insegnante ed allievo, così che al primo sia offerta la possibilità di seguirli anche moralmente. Cerco di diventare, per i giovani, il fratello più vecchio, e dagli stessi mi aspetto mi sia confidata ogni preoccupazione sia essa di studio, di lavoro o di altra causa».

FORMAZIONE DEL CARATTERE Menti cercava di formare prima di tutto delle persone. «E’ intima una convinzione che da una sana applicazione allo sport possa dipendere, oltre allo sviluppo fisico, la formazione del carattere, di quella personalità che si rifletterà positivamente su ogni manifestazione della vita privata del giovane. Sono convinto, infatti, che è molto più facile formare un buon calciatore se lo stesso sarà completato da una buona educazione e da una salute morale» Sugli esercizi fatti praticare ai ragazzi, rispose: «Per lo sviluppo fisico: vogatore, clave, sbarra di ferro, punching ball, palla medicina; per un miglioramento tecnico-atletico: ginnastica a corpo libero, salto della corda, corsa, scatti, tennis giocato coi piedi. Generalmente – chiosò - faccio mettere ai giovani le scarpette di gomma». Alla domanda su come si formasse un gruppo vincente, Menti specificò: «È mia regola che una squadra formata inizialmente con elementi selezionati da una stessa leva annuale rimanga la stessa per il maggior numero di anni possibili, limitandomi alle indispensabili sostituzioni, e ciò nell’intendimento di consentire una sempre più perfetta intesa tale da esprimere quella fluidità disinvolta di gioco che è prima e più importante – anche se tanto difficile da ottenere – espressione di una vera squadra di calcio».

ALLA RIBALTA «Passando in rassegna i vivai d’Italia – scrisse il giornalista Angelo Ponti su “Sport Illustrato” del 30 giugno 1955 - non si può dimenticare il Lanerossi Vicenza, balzato alla ribalta in questi ultimi anni con autorità, confermando di avere nelle proprie file giovani di sicuro avvenire. I risultati, – concluse – come si può vedere, sono già molto probanti. Ed altri certamente non mancheranno di arrivare, a dar conferma delle qualità di primo piano di questo serio allenatore, oltre che delle enormi possibilità che il prolifico Veneto, fucina di campioni, offre al calcio italiano».