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IL CAPITANO

Gino Vallesella terzino con il berretto

Tra tutti i giocatori con la fascia di capitano del Vicenza lui è stato il primo, carismatico e inconfondibile. Oltre ai baffi ben curati, Gino Vallesella sfoggiava un curioso copricapo che lo contraddistingueva: più che difensore dei legni, pareva un pescatore. Estremamente duttile, rendeva al meglio come terzino sinistro. Alto e asciutto, letale nei calci piazzati, rigorista e nel gruppo che contese lo scudetto alla Pro Vercelli nel giugno 1911, sapeva farsi ascoltare. Nel 1913, contro i genovesi dell’Andrea Doria, in area vicentina venne commesso un fallo intenzionale: rigore. Il capitano, approfittando della lontananza dell’arbitro dal punto dell’azione, andò a inginocchiarsi davanti al direttore di gara giurando che il fallo era inesistente. Venne creduto. Con lo scoppio della Grande Guerra partì per “la fronte”, come si diceva allora, inquadrato nel 2° Rgt Granatieri di Sardegna. Ne uscì vivo ma con un dolore incolmabile: tra i 17 biancorossi che l’immensa tragedia portò via per sempre ci fu il fratello Umberto, sottotenente della Brigata Sassari e attaccante del Vicenza, caduto sullo Zebio a 20 anni, il 10 giugno 1917, e decorato della medaglia d’argento al valor militare. Nell’autunno 1919 Gino chiuse con l’attività agonistica emigrando in America. Rientrato in Italia dopo alcuni anni, venne nominato presidente onorario della società difesa in oltre 70 partite con 8 reti partecipando pure a prestigiose amichevoli contro compagini dell’Impero Austroungarico e finendo ritratto, da primo giocatore del Vicenza, nell’ottobre 1914, in una foto su un giornale sportivo, il Foot-Ball, edito da Sonzogno. Il condottiero in tante battaglie si spense il 9 aprile 1933. Vincere non è ciò che conta di più: se non poté ottenere il titolo tricolore per il suo Vicenza, Gino Vallesella ne rimase per sempre il giocatore rappresentativo.

GUADAGNARSI IL PANE. Sfornare bei gol o fragranti pezzi di pane gli veniva naturale. Non poteva essere altrimenti per Bernardo Perin, attaccante piccolo e leggero, col dribbling micidiale e un bel tiro per qualche ora, ma fornaio nel resto della settimana. Arcugnanese classe 1897, prese dimestichezza col pallone in tenera età facendosi conoscere presto per l’indubbio talento, tanto che il 1 novembre 1912 esordì in maglia biancorossa sul campo di Borgo Casale nel confronto tra l’Ac Vicenza e i Volontari Venezia nel campionato riservato alle seconde squadre: il ragazzino firmò una doppietta. Poco più d’un anno dopo, il 9 novembre 1913, giunse il momento dell’esordio in prima squadra, di nuovo contro i Volontari Venezia, stavolta però in casa loro: il Vicenza li abbatté con un roboante 5-0. Tra i marcatori s’iscrisse pure l’ancor minorenne Bernardo. Inserito nella rosa della stagione 1913-14 inanellò 20 presenze tra campionato Veneto-Emiliano e finali nazionali di Prima categoria, siglando 10 gol e lasciando una cicatrice anche alla Juventus e all’Internazionale. L’ultima apparizione con la casacca berica fu nel maggio 1914 contro la Nazionale Lombardia. Ribattezzato “Signorina” dal noto giornalista Bruno Roghi della “Gazzetta dello Sport” per via dello «sfavillio delle sue fantasie in campo e l'eleganza delle sue serpentine», Perin dovette pensare, in fondo, che una pagnotta e un dribbling non si negano a nessuno.

UNA TRASFERTA A SPALATO. Nel 1911 a Spalato nacque un sodalizio destinato a diventare un simbolo: l’Hajduk che dallo Slavia Praga assunse i colori biancorossi. Il 30 e il 31 agosto 1913 via nave arrivò la squadra dell’ACV guidata dal professor Giulio Fasolo: dopo il torneo di Zagabria del 1912 tornava a giocare contro una compagine dell’Impero austro-ungarico. I vicentini vinsero una gara e persero l’altra. Nella prima s’imposero 2-0 coi gol firmati da Angelo Balbo e Aldo Casalini. Della trasferta rimangono due foto: i giocatori che posano insieme sorridenti in campo e in gita nella città dalmata, immortalati davanti alla fontana dedicata ad Antonio Bajamonti, medico e sindaco di Spalato dal 1860 al 1880.