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RENATO FALOPPA

Campagna, chiesa e pallone Così è nato il capitano silenzioso

Real Vicenza calcio stagione 1977/78 Vicenza Atalanta 2 - 2 - Faloppa e Vavassori
Real Vicenza calcio stagione 1977/78 Vicenza Atalanta 2 - 2 - Faloppa e Vavassori
Real Vicenza calcio stagione 1977/78 Vicenza Atalanta 2 - 2 - Faloppa e Vavassori
Real Vicenza calcio stagione 1977/78 Vicenza Atalanta 2 - 2 - Faloppa e Vavassori

Renato Faloppa nasce a Oderzo subito dopo la fine della seconda guerra mondiale nella generosa campagna trevigiana, da sempre serbatoio fecondo di giovani promesse del calcio italiano. La sua è una delle tante famiglie contadine della zona e anche il papà con i suoi fratelli gestisce un'azienda agricola in località Masotti. La fattoria ospita quindi un nucleo familiare allargato che, come si usava in quel tempo, vive nello stesso casolare e collabora alla coltivazione del fondo. Renato è un bambino timido e taciturno, va a scuola con profitto e offre il suo aiuto nel lavoro dei campi. Un mondo rurale semplice, che ruota attorno alla chiesa e alla canonica, da sempre centro vitale della vita del paese. Ed è proprio grazie al sacerdote dell’oratorio che nasce la passione di Faloppa per il calcio, condivisa con Zigoni e Gregori, anch’essi futuri protagonisti di brillanti carriere in serie A. Qualcuno fa il passaparola, il piccolo Renato viene notato dagli osservatori del Vittorio Veneto e, dopo un provino superato brillantemente, viene inserito nel vivaio rossoblu. La vicinanza da casa gli consente di fare il pendolare, di diplomarsi e di trovare impiego come apprendista in una concessionaria d’auto. A 19 anni viene segnalato al Milan, che lo inserisce nel gruppo “Primavera” e poi in prima squadra, senza registrare però alcuna presenza in partite ufficiali. Renato si mette comunque in luce nelle finali del Torneo di Viareggio e del “Campionato De Martino”, manifestazione creata per permettere ai ragazzi delle giovanili under 23 di fare esperienza a fianco dei alcuni titolari fuori quota. Viene quindi mandato a farsi le ossa prima ad Arezzo, poi a Rimini e infine ad Empoli, dove un osservatore del Lanerossi Vicenza intuisce il suo grandissimo potenziale. Nell’estate del 1970 Faloppa arriva quindi a Vicenza, che lo ingaggia a titolo definitivo e gli spalanca le porte della serie A. Già nelle prime partitelle nel raduno estivo di Cavareno Faloppa convince l’allenatore Puricelli, che ha bisogno di dare dinamismo e movimento a un centrocampo di ultra tentenni come Carantini Cinesinho, Ciccolo e si guadagna il posto di titolare già dal primo incontro di campionato a Bologna. E’ questo l’inizio della sua lunghissima militanza con la maglia del Lanerossi.

LA FUGA DI VITALI. Nel 1976/1977, a seguito della fuga improvvisa di Vitali dal ritiro di Cavareno, l’allenatore Gibì Fabbri assegna proprio a Faloppa l’onore di indossare la fascia di capitano. Renato è uomo di pochissime parole, la sua dote migliore non è certo la loquacità. Eppure quel poco che dice pesa, eccome. Il suo essere l’uomo ovunque della squadra, colui che assieme a Filippi copre le spalle e da sicurezza a tutti i compagni vale più di tante chiacchiere. E’ il leader silenzioso del Real Vicenza, prezioso e insostituibile nel mantenere in equilibrio i delicati meccanismi di un gruppo di calciatori delusi, arrivati a Vicenza come scarti di altre squadre e quindi in cerca della propria rivincita personale. Tutta la squadra si mette umilmente al servizio del suo bomber ma è giusto ricordare che l’aiuto di ognuno dei compagni ha contribuito all’esplosione di Paolo Rossi, senza che l’invidia o la competizione guastasse un ambiente familiare e armonioso. In particolare Renato si distingue per la sua generosità e lealtà, sia professionalmente che nella vita privata. In campo è sempre rispettoso e corretto, come conviene a un vero capitano e non protesta quasi mai per una decisione avversa dell’arbitro. Troppo timido per fare il sindacalista, lascia ad altri (Carrera in primis) l’arduo compito di discutere con il Presidente Farina di premi e ingaggi. Si lega particolarmente a un altro taciturno della squadra, Ernesto Galli, con cui condivide il piacere delle cose semplici della vita, della cucina veneta e del buon vino. Se il Campionato 1977/1978 incorona il Real Vicenza come la squadra che gioca il calcio più bello del mondo, molto merito va ascritto anche a lui, umile e instancabile “portatore d’acqua”, che macina decine di chilometri in campo e che ricorda nella sua generosità atletica il motto degli Alpini “tasi e tira”.

LA RETROCESSIONE. L’anno successivo arriva la clamorosa retrocessione in serie B. Le cause di questa inimmaginabile e per certi versi inspiegabile débacle sono molteplici. Renato Faloppa esce a testa alta perfino nel tristissimo epilogo della trasferta a Bergamo. Anche il più ingenuo dei tifosi capisce comunque che non è stata la solita partita di fine campionato votata a un pareggio concordato, ma una guerra all’ultimo sangue da parte della squadra orobica, che trova del tutto impreparati i giocatori biancorossi. Faloppa, come sempre, é l’ultimo a mollare, ma il giocattolo si è ormai inesorabilmente rotto. In questa occasione il Presidente Farina offre una riprovevole dimostrazione di profonda ingratitudine e senza un minimo di riconoscenza lascia senza contratto i tre “veci” della squadra: Faloppa, Salvi e Galli. In particolare, stride il mancato riconoscimento al capitano dei suoi nove anni “sudati” con la maglia biancorossa da titolare. Così a quasi 32 anni, Renato Faloppa, pur ricevendo diverse offerte da squadre del Sud Italia, non se la sente di allontanarsi dalla famiglia e dalle sue abitudini. Il richiamo della sua terra in questo momento è più forte di quello del pallone. Prende così la decisione di smettere con il calcio professionistico e torna nella sua Oderzo. Trova lavoro come magazziniere in una ditta di ricambi per macchine agricole, impiego che gli consente di versare i contributi per una pensione dignitosa. Potrebbe sembrare un ripiego, ma non lo è. Queste sono le sue origini e questa è la sua vita. Continua anche a giocare nell’Opitergina in Interregionale fino al 1983 con gli amici Zigoni e Gregori, poi si dedica per qualche anno ad allenare i ragazzini, esperienza che abbandona per l’eccessiva invadenza dei genitori nella gestione tecnica dei piccoli calciatori.

Anna Belloni