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LA CONCIA CAMBIA PELLE

«Investimenti, ricerca e rapporto con il territorio»

di Maria Elena Bonacini
MIRKO BALSEMIN Il presidente della sezione Concia di Confindustria Vicenza sottolinea il concetto di “land identity” come «sintesi virtuosa»

Oggi la concia è davanti alla scelta di Neo: pillola azzurra, continuare così, e il futuro sarà la discarica dei nostri problemi; pillola rossa, riprendere l’antica pratica della progettualità, interrompere la rincorsa alle emergenze, non avere paura delle soluzioni difficili, della ricerca, degli investimenti a medio-lungo termine». Ha citato Matrix Mirko Balsemin, presidente della sezione Concia di Confindustria. E l’ha fatto ponendo ai colleghi una scelta per il futuro, partendo dai numeri del settore, passato dai 215 milioni di metri quadri di pellame bovino prodotti nel 2000 ai 97 del 2023. «Negli ultimi 20 anni - ha affermato - abbiamo perso una considerevole quota di pellame lavorato. Allo stesso tempo i dati Unic evidenziano un fatturato di oltre 4 miliardi di euro in Italia, di cui 2,5 nel nostro distretto. Numeri che indicano la tendenza verso un radicale cambiamento. Assistiamo al declino delle iperproduzioni standardizzate. I mercati oggi chiedono grande specializzazione e obbligano gli imprenditori a rivedere il break even point delle fabbriche del domani». E l’imprenditore ha rivendicato i risultati ottenuti finora: «Le concerie hanno investito in innovazione, implementato i propri processi, rendendoli più puliti, consumando meno energia, meno acqua e meno prodotti chimici. E abbiamo visto raffinare i servizi per l’azienda conciaria, raggiungendo eccellenti livelli di riutilizzo e riciclo dei residui». E in questo contesto ha identificato tre argomenti chiave, a partire dalla legge europea sulla deforestazione «che non produce nulla di positivo, nemmeno dal punto di vista ambientalista». Poi la concorrenza e «una comunicazione istituzionale che parli della pelle, del nostro lavoro, del futuro del mondo che non si arrenderà mai alle menzogne della plastica». Ma la “pillola rossa” secondo Balsemin, significa anche rammendare il rapporto con l’Europa, per non perdere occasioni, e il territorio, che è il centro della “land identity”, «un rinnovato concetto di made in Italy, una sintesi virtuosa come sinergia d’identità territoriali certificate e riconoscibili. Una pelle che rispecchia una virtuosa impronta ecologica, con un marchio nazionale che geolocalizzi i diversi distretti italiani, da affiancare all’attuale “vera pelle”. Pelli prodotte in luoghi dall’economia trasparente, reale valore aggiunto per i clienti e i brand».