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LA CONCIA CAMBIA PELLE

«I nostri laboratori sanno stupire le aziende big»

di Maria Elena Bonacini
LA STORIA DI SICIT Ne hanno parlato il presidente Rino Mastrotto e l’ad Massimo Neresini: «A fare la differenza sono state le persone e la loro fiducia in noi»

Ricerca e sviluppo prima di tutto». Così l’amministratore delegato Massimo Neresini definisce la Sicit di Arzignano, azienda nata nel 1960, quando la sostenibilità non era ancora all’ordine del giorno, ma che di riciclo e produzioni naturali ha fatto un business di grande successo. Una, insomma, delle eccellenze del distretto della concia, sulle quali il GdV ha voluto puntare i riflettori. A raccontare questa storia, ma anche le produzioni e il futuro dell’azienda, sono stati lo stesso Neresini e Rino Mastrotto, imprenditore che ne è a capo dal 1991, intervistati dal direttore del Giornale di Vicenza, Marino Smiderle. «Negli anni Ottanta – racconta Mastrotto - nelle concerie c’era il problema di dove mettere il carniccio, che è un prodotto naturale. Con una decina di altri industriali conciari avevamo creato una società che si chiamava Intesa e ci siamo chiesti perché non fare qualcosa. Abbiamo trovato la forza per comprare la Sicit da Zeffirino Filippi e lì è cominciata l’avventura». Un’impresa all’epoca assolutamente all’avanguardia, che all’inizio non è stata affatto facile, ma a fare la differenza, secondo il presidente, che le ricorda con gratitudine e orgoglio, sono state le persone che ci lavoravano. «Io e tutto il quartier generale della presidenza abbiamo preso fiducia e abbiamo dato la responsabilità alle persone che c’erano. Siamo partiti con gli investimenti e non ci siamo mai fermati. Stiamo andando avanti ancora, perché pensiamo che la Sicit ci abbia insegnato tante cose, a partire dal fatto che la pelle è un prodotto naturale, anzi, il più naturale che esista, anche se viene accusata. La nostra forza è stata quella di appoggiare al massimo le persone ed essere sempre disponibili». Accanto a lui, oltre ai dipendenti e agli imprenditori, anche le istituzioni, che hanno capito quanto l’azienda aveva intenzione di fare l’hanno sostenuta. «Abbiamo conquistato la fiducia di molte autorità – sottolinea Neresini - e questo ci ha dato la possibilità di continuare a crescere e ad evolvere». Nel frattempo, anche il mondo si stava evolvendo e i cambiamenti sopravvenuti nel mercato hanno giocato a loro favore, ponendo l’accento sulla necessità di produrre in agricoltura utilizzando non più prodotti chimici, ma naturali, come racconta ancora l’amministratore delegato. «Abbiamo avuto la fortuna enorme che la chimica, che è stata molto importante per l’agricoltura negli anni Settanta, ha cominciato ad essere vista come il problema che in effetti è. Di conseguenza, da un lato la qualità e la quantità degli alimenti dovevano crescere, ma dall’altro dovevano calare costantemente l’abuso e il consumo di prodotti chimici. Questo ha dato la possibilità a noi, che abbiamo continuato a fare ricerca e a creare biostimolanti, di crescere. Il settore agricolo ha dovuto inserire sempre più prodotti di origine naturale e la Sicit è diventata champion». A una cosa Neresini tiene particolarmente. «I nostri prodotti non sono fertilizzanti, ma integratori per la produzione agricola. La Sicit è la più grande industria al mondo di biostimolanti di origine animale e tra poco anche vegetale. I nostri clienti sono le multinazionali più grandi al mondo, che si occupano della produzione di agrofarmaci, che hanno dovuto rimpiazzare con integratori, che noi, appunto, siamo in grado di produrre. Ma queste grandi case ci chiedono una qualità mostruosa. Noi estraiamo collagene, lo raffiniamo, produciamo amminoacidi liberi, leghiamo delle sostanze, togliamo gli inquinanti e i microinquinanti». Un’evoluzione simile, secondo l’amministratore delegato, a quella che si è vista negli ultimi vent’anni all’interno delle farmacie, dove gli integratori si sono moltiplicati in maniera esponenziale, mentre il ricorso ai farmaci si è ridotto. «Vent’anni fa entrando in farmacia si trovavano solo farmaci, al massimo qualche bottiglietta di vitamina C. Adesso, invece, si vedono solo integratori, mentre bisogna chiedere al farmacista di prendere i medicinali dietro al banco». Il segreto del successo, appunto, risiede nella ricerca, che ha beneficiato anche del rientro ad Arzignano dei laboratori «che erano sparsi tra Arzignano, Trissino e Chiampo, creando una palazzina che ospita tutto il centro di ricerca. Le grandi società quando entrano nei nostri laboratori, in particolare nel controllo qualità, restano a bocca aperta». Dopo la quotazione in borsa, l’azienda è poi “sopravvissuta” al tentativo di scalata da parte di imprenditori cinesi, riuscendo a rimanere in tutto e per tutto sul territorio. «Volevano fare l’Opa – racconta Mastrotto - ma abbiamo trovato il modo di non finire nelle loro mani, perché abbiamo promesso ai sindaci che l’azienda deve rimanere in Italia, abbiamo fatto un accordo con la Regione, che ci ha dato una mano. Comunque, le cose vanno bene». E avanti, visto che accanto alla casa madre nella Valle dell’Agno e alla sede in Cile, è in realizzazione anche un altro impianto in Messico, «che sarà simile a quello di Chiampo e sarà pronto entro la fine del 2024 o i primi mesi del 2025» sottolinea Neresini. Che ricorda anche come l’attività della Sicit non si limiti soltanto alla produzione di biostimolanti per il settore agricolo, ma si estenda anche ad altri settori. «Stiamo lavorando a tutto spiano nella ricerca e sviluppo – conclude - che significa anche prodotti tecnici. Siamo tra i maggiori produttori al mondo di ritardanti per i gessi da presa. Stiamo trasformando i grassi in biofuel, venduto in Europa per la produzione di energia pulita, perché è CO2 uguale a zero, provenendo da un rifiuto. Stiamo cercando di fare passi non solo nel settore che ci ha dato lustro fino adesso. Questa è la Sicit, ricerca e sviluppo prima di tutto».