<img height="1" width="1" style="display:none" src="https://www.facebook.com/tr?id=336576148106696&amp;ev=PageView&amp;noscript=1">
LEPARIOPPORTUNITÀ

Donne&politica. Il miraggio della parità nonostante le “quote”

Nemmeno una donna eletta, nemmeno una donna al ballottaggio. Nei venti capoluoghi in cui si è andati al voto nel weekend del 3-4 ottobre, non uno ha visto trionfare o comunque piazzarsi per il secondo round una candidata. Su145 candidati sindaco nei 17 Comuni capoluogo delle Regioni a statuto ordinario sono transitate solo 25 donne: appena il 17,2% rispetto all’82,8% degli uomini (120 in tutto). Per qualcuno è la scoperta dell’acqua calda, per altri la prova provata che le quote rosa non servono o non bastano. Eppure, viene da dire, se non ci fossero – se non esistesse l’obbligo di formare liste miste, di esprimere una doppia preferenza diversificando il genere – gli scenari sarebbero ancora più catastrofici in tema di parità nei palazzi del potere. Di quote rosa si sente parlare da quasi due decenni: era il20 maggio 2003quando il governo Berlusconi, con i ministri Stefania Prestigiacomo e Umberto Bossi aggiunse in costituzione la frase “A tal fine la Repubblica promuove con appositi provvedimenti le pari opportunità tra donne e uomini”, accanto all’articolo 51 “Tutti i cittadini dell’uno o dell’altro sesso possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge”. Il 3 novembre 2017, con l’approvazione dell’attuale legge elettorale (il Rosatellum) vengono introdotte le “quote di lista”. Mala parità vera appare lontana, lontanissima dall’essere raggiunta, tant’è vero che le quote di genere vengono spesso pescate solo per chiudere la lista e accade di frequente che le amministrazioni locali siano costrette a veri e propri appelli pubblici rivolti alle donne per poter comporre una giunta equilibrata e a norma di legge. Guardando al Vicentino, nei 114 Comuni si contano appena 19 sindache. Tra quelle elette nelle città più popolose spiccano Elena Pavan a Bassano, Alessia Bevilacqua ad Arzignano e poi, in ordine sparso, Giusy Armiletti a Dueville, CarmelaMaresca a Creazzo, Maria Teresa Sperotto a Fara Vicentino, Francesca Rigato ad Albettone, Cristina Meneghini ad Arsiero, PieraCampanaa Breganze, ValentinaMaculan a Carrè, Elisa Maria Ferrari a Crespadoro, Antonella Corradin a Lusiana Conco, Manuela Vecchiatti a Nanto, Romina Bauce a Nogarole, Raffaella Campagnolo a Nove, Paola Fortuna a Pojana Maggiore, Elisabetta Magnabosco a Roana, Morena Martini a Rossano Veneto, Stefania Marchesini a Zovencedo. Perde la sua sindaca il Comune di Schiavon: Mirella Cogo è mancata nella notte tra il 18 e il 19 ottobre, lasciando nel dolore un’intera comunità. Poche donne a capo della giunta, dunque. Molto più capillare la presenza negli assessorati, che però, quando si parla del “gentil sesso”, guarda caso propendono sempre verso la sfera cultural-sociale, mentre i referati pesanti come bilancio, urbanistica, lavori pubblici sono ancora, prevalentemente, affidati a uomini. Vicenza non ha mai avuto una donna a palazzo Trissino, mentre palazzo Nievo, sede dell’ente provinciale, è stata a lungo guidata da Manuela Dal Lago. Un ruolo di vicepresidente è andato, nell’ultimo periodo, a Maria Cristina Franco, già sindaca di Costabissara, che nell’ultima tornata elettorale è stata riconfermata in consiglio con un ampio bottino di voti cedendo lo scranno più alto a Giovanni Maria Forte. Alivello di istituzione provinciale è attiva, comeconsigliera di parità, Francesca Lazzari, che da tempo sta portando avanti iniziative concrete di lotta alla disparità di genere. Tra queste, da ultima, si segnala il protocollo d’intesa con l’ispettorato del lavoro per contrastare le discriminazioni di genere. «L’obiettivo -spiega Lazzari- è rendere più fluido lo scambio di informazioni tra le nostre realtà e soprattutto realizzare ogni iniziativa utile a favorire la piena applicazione della normativa inmateria di parità e di pari opportunità tra uomo e donna, con particolare riferimento al ruolo genitoriale di lavoratori e lavoratrici. La pandemia ha esasperato una situazione che anche in tempi normali è regola nel nostro Paese, cioè la difficoltà per le donne di mantenere un lavoro una volta che diventano madri». A parlare sono i numeri: oltre 50 dimissioni per maternità alla settimana durante la pandemia, un dato che ha messo in allarme la consigliera di parità spingendola a prendere contatti con l’ispettorato territoriale del lavoro, rappresentato da Andrea Moglie. Nel 2019 si contavano una media di 50 dimissioni alla settimana di genitori, perlopiù madri, con figli da 0 a 3 anni. Nel 2020 la banca dati dell’ispettorato del lavoro di Vicenza registra dati in miglioramento, con un totale di 2.220 dimissioni, pari a quasi 42 a settimana. La tipologia di recesso più frequente è costituita dalle dimissioni volontarie, oltre il 94%, mentre le dimissioni per giusta causa e le risoluzioni consensuali sono rispettivamente al 4% e 2% del totale. «Bene il calo, malissimo che il numero rimanga ancora molto alto», rileva Lazzari. Il protocollo è stato studiato per tenere monitorata, periodicamente, la situazione. Ogni quattro mesi, alla consigliera di parità saranno forniti i dati statistici, anonimi e disaggregati per genere, relativi al contesto provinciale e i dati relativi a licenziamenti/ dimissioni di madri in periodo protetto, nel rispetto delle indicazioni provenienti dall’Istituto nazionale del lavoro. Viene costituito poi un “Comitato tecnico di lavoro” che si riunirà almeno con cadenza quadrimestrale, allargabile ad altri soggetti come Inps, Inail, Asl. Restando in città, in consiglio comunale, su 32 poltrone le consigliere sono nove: quattro per le rappresentanze della maggioranza di centro-destra, tre per la compagine dell’opposizione di centro-sinistra. In due siedono invece nel gruppomisto.

Giulia Armeni