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LA PARITÀ' DI GENERE

Disparità economica. La distanza resta alta fra uomini e donne divisida10milaeuro

Si scrive “gender pay gap”, si legge “disparità economica tra uomini e donne”. Che esiste ancora nonostante anni di attenzione e sensibilizzazione. A Vicenza una lavoratrice dichiara in media (dati 2019) di percepire 17.903 euro annui, un lavoratore 26.725. A dividerli, ci sono quasi 10 mila euro. C’è l’eterna differenza tra il trattamento nei confronti della platea maschile e femminile al centro del divario di genere nella retribuzione. Un solco che è scavato da consuetudini antiche ma anche da politiche di welfare che si sono rivelate insufficienti, dalmomento che – sulla carta – non esistono distinzioni contrattuali nel corrispondere un certo salario a seconda del sesso. E ci mancherebbe. Però, come rilevano gli osservatori internazionali e come registra anche Marina Bergamin, responsabile politiche di genere di Cgil Vicenza, i numeri non mentono. Nel 2018 per esempio, una donna guadagnava il 14,8% in meno rispetto a un uomo in Europa e il 5% in Italia. Questo apparente “vantaggio” dell’Italia va tuttavia ricollegato alla scarsa partecipazione femminile, in particolare nel caso delle donne a bassa istruzione. Proprio quest’ultimo dato tende ad innalzare il valore medio salariale di quelle poche (e istruite) che lavorano, riducendo così la differenza con i lavoratori maschi. Infatti, osserva proprio Bergamin, «I numeri si alzano di molto a seconda del settore e della mansione, si sfiora il30%inmenodi retribuzione per le donne che lavorano nel terziario privato e arriva addirittura al 50% nelle posizioni apicali». Una rilevazione del Caaf Nord est Cgil sui dati dei 730 relativi ai redditi del 2019 indicava le entrate annue degli uomini in 25.978 euro lordi, 17.905 euro per le donne. La situazione di Vicenza, il dato si riferisce sempre al 2019, è di 26.725 euro per i maschi, 17.903 euro per le femmine. Eppure, di fatto, la base salariale di partenza è la medesima. Che succede però nel percorso che dalle ore lavorate conduce alla busta paga? «Ci sono molti problemi corollari – denuncia Bergamin - cronica sotto-occupazione femminile, molto part-time spesso involontario, salario accessorio o unilaterale legato alla disponibilità di tempo (premi, straordinari, flessibilità...), insufficienza dei servizi pubblici per le lavoratrici, come nidi o sostegni agli anziani e alla non - autosufficienza, poca conciliazione tra tempi di vita e orari di lavoro, poca condivisione familiare del lavoro di cura». Senza dimenticare poi un lavoro domestico che, per il 75%, resta ancora sulle spalle delle donne. Sono questi, dunque, tutti “ingredienti” che concorrono a sfornare un piatto a dir poco indigesto come quello del gender pay gap. Una differenza che porta con sé molte conseguenze collaterali e negative, fa notare ancora Bergamin: «I congedi parentali e - da ultimo - anche i congedi straordinari per Covid sono richiesti dalle donne, essendo il loro in famiglia lo stipendio più basso». Ma non sono solo i salari ad essere più bassi per le dipendenti femmine: anche le pensioni sono sensibilmente inferiori, in «un gap che si trascina per tutta la vita», incalza Bergamin. In Veneto la pensione media di unuomoè di 23.654 euro annui, quella di una donna è di 13.924 euro. Cifre che riflettono «una cultura stereotipata, patriarcale, spesso sessista», chiosa la responsabile della Cgil, che preme per l’introduzione di una contrattazione aziendale di genere, «più attenta ai bisogni delle lavoratrici». «Questo gap salariale èuna realtà inaccettabile per la nostra Regione e per la nostra Provincia, che pure hanno un tasso di occupazione femminile superiore rispetto a quello della media nazionale (Vicenza 54,8% ma venti punti inferiore a quello maschile; tasso di disoccupazione femminile 9,3%, che corrispondono a quattro punti in più di quello maschile) e a cui bisogna mettere mano». Qualcosa, però, sembra muoversi: a livello regionale (vedi box accanto) è partito l’iter per un disegno di legge che riequilibri le disparità mettendo fine al divario di genere. Questo alla luce anche delle analisi effettuate dalla consigliera regionale di parità del Veneto, Sandra Miotto, nel rapporto sulla situazione del personale nelle aziende con più di 100 dipendenti (con riferimento al 2017). Secondo il report,unuomoin Veneto guadagna in media 150 euro in più rispetto a una donna. Questo per quanto riguarda i dipendenti: tra i quadri e i dirigenti, la forbice si allarga in maniera significativa, fino a raggiungere anche i 420 euro mensili di differenza.

Giulia Armeni