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Animali selvatici

Oasi di biodiversità strappate all'asfalto: sono le case rifugio dei Trampolieri. La mappa nel Vicentino

Nel Vicentino sono appena una quarantina le zone umide, ma sono sempre più a rischio. Nonostante questo negli ultimi anni c'è stato un aumento delle nidificazioni di Aironi e altri uccelli acquatici
Un esemplare di Egretta Garzetta immortalata lungo l'Astico a Sandrigo (per gentile concessione di Marco Dal Zotto)
Un esemplare di Egretta Garzetta immortalata lungo l'Astico a Sandrigo (per gentile concessione di Marco Dal Zotto)
Un esemplare di Egretta Garzetta immortalata lungo l'Astico a Sandrigo (per gentile concessione di Marco Dal Zotto)
Un esemplare di Egretta Garzetta immortalata lungo l'Astico a Sandrigo (per gentile concessione di Marco Dal Zotto)

A volte sono piccoli frammenti di natura che resistono tra aree degradate o fortemente antropizzate. Altre volte sono tratti di territorio che quasi neppure si percepiscono, accanto alla strada che si percorre velocemente in auto. Eppure in quegli angoli di tranquillità, fatta di specchi di acqua e verde, c'è una vita nascosta. Lì trovano casa tanti uccelli acquatici, dai piccoli Limicoli come i Piro piro, ai Corrieri, fino ai grandi Trampolieri dalle lunghe zampe come gli Aironi. I censimenti effettuati dai volontari dell'Associazione Faunisti Veneti hanno dimostrato come «nell'ultimo decennio ci sia stato un notevole aumento nella riproduzione delle sette specie di Ardeidi presenti in Italia, non solo nelle zone più vocate del Veneto, come le zone lagunari lungo la costa, ma anche nel Vicentino». A ribadirlo è Doriano Fabrinetti, appassionato naturalista, in passato esponente del comitato Wwf valle dell'Agno, e inquadra la situazione: «Le prime nidificazioni di Aironi cenerini, Nitticora e Garzetta si sono avute intorno agli anni 2000 e da allora sono in espansione. Oggi possiamo vantare la presenza di interessanti colonie di Aironi Guardabuoi e in alcuni casi anche di nidificazioni del Cormorano comune che del Cormorano Pigmeo». Insomma, quelli che erano rari avvistamenti nell'arco di pochi anni sono diventate presenze consolidate sotto gli occhi di tutti.

Zone umide e consumo di suolo

Nelle scorse settimane, in occasione della Giornata mondiale delle zone umide, si è fatto il punto e il bilancio è preoccupante. Quegli scrigni di biodiversità si stanno restringendo minacciate in primis dal consumo di suolo. Stiamo parlando non solo di argini di fiumi, ma anche di aree, che, per quanto piccole sono riconosciute e tutelate anche dalla legge. Spiega Dino Pianezzola, volontario di Alveare, l'associazione che si occupa di salvare gli selvatici in difficoltà: «Per zone umide si intendono paludi, acquitrini, ma anche le torbiere o stagni di acqua salata o salmastra che non deve superare i sei metri durante la bassa marea. Nel Vicentino ci sono siti importanti come l'oasi di Casale a Vicenza o la garzaia di Altavilla in località Olmo, per esempio. Si tratta di polmoni verdi dove la natura stupisce e trova il suo spazio, anche se stretta tra insediamenti industriali e traffico. Particolare importanza hanno poi il Bosco di Dueville e le Risorgive del Bacchiglione o le Grave del fiume Brenta. Questi ultimi sono protetti perché inseriti nella Rete Natura 2000, come il lago di Fimon ad Arcugnano. Sono giustamente tutelati perché sono degli ecosistemi che accolgono una notevole biodiversità biologica fra piante, uccelli, mammiferi e rettili. Il valore di questi ambienti è inestimabile e hanno una funzione fondamentale». E per questo sono zone sorvegliate speciali. Il gruppo di studi naturalisti Nisoria ha effettuato un censimento alle Risorgive del Bacchiglione e i risultati sono stati davvero lusinghieri. In una mattina di metà gennaio sono state osservati ben 44 esemplari di Aironi guardabioni, 114 di Germani reali, 2 di Marangoni minori, un Cormorano, 7 di Alzavole e 2 di Gallinelle d'acqua e altrettanti di Folaghe. 

 

Tra gamberi rossi e siccità

La Regione Veneto nel 2004 ha censito, in collaborazione del Wwf Veneto, le aree naturali "minori": nel Vicentino ne sono state catalogate una cinquantina di cui 39 si possono considerate zone umide. Spiega Fabrinetti: «Oltre alle aree vicino a laghi, fiumi e torrenti si possono considerare zone umide anche i tratti storici di rogge di irrigazione che derivano l'acqua dai corsi principali. In montagna abbiamo le cosiddette torbiere, tipici ambienti umidi dove la sostanza organica non si decompone facilmente: le più importanti sono nel Recoarese e sull'altopiano di Asiago a Marcesina. Altre zone interessanti sono le risaie nelle zone di Grumolo delle Abbadesse e di Lonigo (zona Bagnolo) o quelle sotterranee come la grotta del Buso della Rana e la grotta di Oliero. Questi luoghi sono sempre delicati e a rischio scomparsa per diverse interferenze umane, cementificazioni in primis. La Regione, secondo l'Ispra, Istituto superiore per la protezione ricerca ambientale, è al secondo posto in Italia per consumo di suolo - continua Fabrinetti -. Non solo. La biodiversità è messa a rischio anche per l'arrivo di animali "alieni" (nutrie, gambero rosso) che complicano la vita a molte specie autoctone. E ora si è aggiunto l'effetto serra che ha aumentato le temperature: a causa dei lunghi periodi di siccità questi ambienti sono a rischio scomparsa. Un esempio concreto? Nell'estate 2022 sono andate in crisi le falde acquifere e a Dueville di parecchie risorgive e boje si sono prosciugate. Scomparendo quelle, anche flora e fauna sono state fortemente minacciate».

Cristina Giacomuzzo