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FILIPPO MIOLA INTERVISTA AL DELEGATO INNOVAZIONE E FABBRICA 4.0

«Nelle aziende è aumentata l'adozione delle nuove tecnologie»

Filippo Miola, delegato Innovazione e Fabbrica 4.0 di Confindustria Vicenza, lo aveva segnalato già pochi mesi dopo l’inizio della pandemia: «In questa emergenza, le tecnologie digitali sono state determinanti per consentire agli imprenditori di rimanere collegati alla produzione, all’azienda». Adesso, a oltre un anno dall’inizio di tutto, questo fatto diventa ancora più evidente. «Nella drammaticità di ciò che è accaduto, si è preso maggiore consapevolezza dell’importanza di certe tecnologie – osserva Miola -. In questo frangente ho visto tanti fare tutto il possibile, e anche di più, pur di portare avanti l'attività. C’è stata una vera testimonianza di forza da parte degli imprenditori, che hanno dimostrato ancora una volta una grande capacità di reazione».

Si può dire che questa “corsa” abbia contribuito a ridurre il gap digitale che veniva segnalava negli anni scorsi nelle piccole e medie imprese?

Sì, il gap si sta riducendo perché aumenta la consapevolezza: a volte “spintaneamente”, ma aumenta. Le aziende hanno sempre posto molta attenzione alla macchina, all’impianto, al fatto che la stazione di lavoro non si fermasse mai… insomma un’attenzione estrema alla continuità di produzione sotto il profilo della macchina. Oggi però questo mondo è del tutto interconnesso: basta che ci sia un’interruzione della connessione tra la macchina e il sistema che la gestisce e ci si deve fermare. Abbiamo tante aziende con una automazione straordinariamente spinta, che ora deve diventare intelligente. Si tratta di passare da un’automazione analogica a una digitale. In una parola, la sfida è proprio questa: dare intelligenza all’automazione.

Come si fa?

Dobbiamo inserire software in grado di far sì che l’impianto o la macchina parlino col sistema, per creare una logica di automazione intelligente e fare quel salto che porta ad aumentare l’efficienza, ma anche la sostenibilità e l’attenzione alla persona. Il mondo dell’automazione oggi è qualcosa che aiuta a ottenere una qualità del lavoro migliore. D'ora in poi, insomma, molto si giocherà sul software e sul capitale umano, sulle persone.

Ma la diffusione del digitale è stata accelerata in tutte le aziende o solo in quelle più grandi e strutturate?

Le aziende più grandi di norma avevano già iniziato un percorso di trasformazione digitale, e dunque ciò che è successo quest’anno ha avuto su di loro un impatto minore. Le aziende piccole e medie, dal canto loro, hanno fatto spesso una corsa allo sviluppo digitale, a volte con connessioni non sicure, linee che non andavano... Però tutto questo è servito a far capire che certe problematiche possono verificarsi, e vanno affrontate prima che si manifestino. Poi, certo, su questo tema c'è ancora un problema legato alle dimensioni di molte aziende del territorio, che non sempre possono avere la possibilità di inserire all’interno dell’organizzazione nuove figure professionali per aiutare a realizzare questi progetti.

Quindi esiste un problema legato alla formazione?

Non c’è dubbio che il grande problema della trasformazione digitale è legato alle competenze. Si possono trasformare digitalmente i vari processi - dalla gestione delle vendite agli ordini, alla pianificazione della produzione, alla produzione, alla logistica e alla gestione del prodotto sul mercato - ma tutti questi tasselli hanno poi necessità di essere governati. C’è bisogno di un’evoluzione del management interno, anche soltanto riqualificando le persone. Se da una parte abbiamo una grande spinta verso l’innovazione e l’efficienza di queste soluzioni, dall’altro lato le nuove tecnologie vanno governate, e quindi nelle fabbriche servono figure che siano in grado di farlo.

Come si tratta di procedere, dunque?

Occorre creare una cultura che porti ad abbracciare queste nuove tecnologie e fare in modo che si inseriscano nel processo nel migliore dei modi. Di certo le nuove generazioni non avranno problemi da questo punto di vista. Penso anche al mondo della realtà aumentata e della realtà virtuale: nel nostro territorio ci sono aziende che realizzano prodotti e oggetti che hanno bisogno di essere proposti, presentati e visti in maniera immersiva: se un’azienda in questa fase non può partecipare alle fiere, deve cercare di sopperire creando in casa un contesto che consenta al cliente di fare un’esperienza conoscitiva del prodotto come se lo toccasse con mano.

Trasformazione digitale e sostenibilità sono due elementi sempre più legati tra loro, lo dimostra anche la creazione di due ministeri ad hoc nel nuovo governo. È la strada giusta?

Certo, sono due percorsi obbligati. Se è certo che non si può più pensare la propria azienda senza tener conto di logiche di trasformazione digitale, lo è altrettanto il fatto che tutto ciò che si fa deve essere coerente con una logica di sostenibilità e di economia circolare. La sostenibilità è un driver per molte aziende. Il mercato dà sempre più la preferenza a prodotti che hanno un “racconto” di sostenibilità. È un circuito virtuoso, e l’azienda non può farne a meno, deve trasformarsi in chiave digitale e sostenibile.

Il Piano governativo Transizione 4.0 può fare la sua parte per dare ulteriore forza alla trasformazione in atto?

Ci sono in gioco tante risorse e il piano Transizione 4.0 è veramente interessante: sono aumentate le aliquote, è stato inserito il tema della formazione, gli investimenti sullo smart working. Adesso bisogna che le aziende non perdano questa opportunità, che diventa una spinta e un impulso fondamentale. È il momento per fare questo tipo di investimenti, per essere ancora leader nel futuro. Diventa veramente vitale per il futuro delle nostre imprese.

In generale, cosa ci si può aspettare dal 2021? Una effettiva ripresa o un tempo di convalescenza?

Ci sono aziende che hanno indubbiamente preso una mazzata, altre invece che non hanno sofferto più di tanto. Nella nostra provincia qualche problema c’è stato, però la situazione non si è rivelata drammatica. Io mi aspetto che quest’anno ci sia già una bella ripresa e che l’anno prossimo, per qualcuno, sia già possibile tornare ai livelli produttivi del 2019.

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Stefano Tomasoni