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CNA.

Oltre le paludi della guerra dell'economia

Una nuova energia per tornare ad avere fiducia nella ripresa

Non sarà ancora il momento di una vera e propria “economia di guerra” ma è sempre più chiaro che questa è a tutti gli effetti (anche) la guerra dell’economia, tra sanzioni, controsanzioni, shock energetico e inflazione alle stelle. Per cui per dirla alla Draghi, bene fanno le imprese a prepararsi per tempo agli scenari che verranno, considerandone un po’ tutte le sfumature. Senza panico, ma con la giusta dose di attenzione ai segnali premonitori, come spiega la presidente di CNA Veneto Ovest Cinzia Fabris. «Il primo elemento significativo, è evidente, riguarda il calo del Pil atteso da qui a fine anno: la Bce infatti ha rivisto al ribasso di quasi mezzo punto le stime, scese dal 4,2 al 3,7 per cento nell’Eurozona. Va detto però che dobbiamo sempre considerare da che momento veniamo: nonostante le tensioni infatti la ripresa post pandemica c’è e ci sarà. Solo che magari non alla velocità che tutti ci aspettavamo dopo due anni così difficili».
Quali sono i comparti più in difficoltà?
«La produzione in generale risente del problema non ancora superato dell’approvvigionamento di materie prime, che in molti casi hanno ancora prezzi alle stelle. Oggi però preoccupa di più il problema dei trasporti, connesso all’aumento dei costi del carburante. Questo settore è strategico per tutti gli altri, e senza un intervento significativo si rischia veramente di paralizzare l’intero sistema».
Come si spiega questa situazione secondo lei?
«Una premessa: in questo caso non parliamo di carenza di risorse. Petrolio e gas continuano ad arrivare con la stessa regolarità per il momento. I problemi veri sono due. Da un lato c’è l’inevitabile sfiducia legata all’instabilità delle sorti del conflitto, che spinge al rialzo i prezzi alla pompa. Dall’altro però c’è ancora una volta chi approfitta della situazione: operatori che giocano con i quantitativi stoccati per favorire i rialzi, speculando senza ritegno alle spalle della gente in difficoltà ad arrivare a fine mese».
Poi c’è il problema dell’energia elettrica, cioè la “benzina” delle imprese.
«La guerra purtroppo ha messo in luce quanto fosse corta la nostra coperta da questo punto di vista. Energeticamente non siamo autonomi, e come se non bastasse abbiamo fatto in modo di dipendere per il gas da un solo fornitore, errore gravissimo in qualsiasi forma di mercato. Il gas peraltro è centrale in tutti i processi di transizione ecologica ordinari, per cui davvero anche in questo caso la nostra evoluzione verso un modello più green può trovarsi di fronte a un vicolo cieco».
Come ne possono uscire le imprese?
«Partendo da una considerazione non così scontata: non c’è momento migliore di questo per investire. Con la testa, con metodo ma senza paura. Eravamo abituati a un’economia priva di inflazione che nella parziale ripresa del 2021 ci ha indotto a continuare fino a oggi a proporre sempre gli stessi prodotti e servizi, o a lavorare con lo stesso metodo. Adesso la doccia fredda del rincaro generalizzato sui prezzi del 6 per cento ci riporta a una realtà completamente differente. È il momento di guardare al medio-lungo termine e aiutare la propria attività a cambiare adesso per continuare a mantenere un buon margine nonostante gli aumenti».
Da dove partire?
«Proprio dall’energia: non potendo incidere sul fattore prezzo possiamo imparare a usarne meno. Bastano pochi accorgimenti per rendere la propria attività più efficiente, dal cambio dei sistemi di illuminazione alla mappatura dei consumi. E poi c’è ancora il credito d’imposta con aliquote fino al 40% per gli investimenti in apparecchiature 4.0. La grande sfida però è quella di accompagnare anche le pmi all’autoproduzione di energia rinnovabile. E CNA in questa direzione ha incontrato la Commissione Ambiente della Camera proprio con l’obiettivo di portare a casa misure mirate che incentivino la creazione di comunità energetiche, favorendo la diffusione di sistemi fotovoltaici su quante più aziende possibili».
Ci sono motivi per provare a guardare avanti con fiducia, insomma.
«Prima di tutto dobbiamo augurarci che la guerra finisca presto, perché il dramma vero è umanitario prima che economico. Detto questo, i motivi per essere cautamente fiduciosi ci arrivano dalla storia: le peggiori crisi geopolitiche internazionali dell’ultimo secolo sono sempre state seguite da fasi espansive di grande accelerazione. E chi ci arriva pronto non corre il rischio di dover inseguire».