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Cisl.

Occorre agire per tutelare i lavoratori

L'appello di Raffaele Consiglio in un momento delicato per l'economia

L 'improvviso scenario di crisi che si è aperto rischia di riportare il segno meno su un mercato del lavoro che aveva appena iniziato a risollevarsi nel 2021. Così, non stupisce che a lanciare l'allarme, insieme alle categorie economiche, sia anche il sindacato più rappresentativo della provincia Vicentina: «Siamo molto preoccupati - sottolinea Raffaele Consiglio, segretario generale provinciale di Cisl Vicenza -. Oggi paghiamo pesantemente gli errori politici del passato, in particolare il fatto di non avere mai avuto una politica energetica. Siamo un Paese in cui si preferisce assecondare i veti incrociati piuttosto che lavorare per trovare soluzioni, così si protesta contro le nuove centrali, ma anche contro le dighe necessarie per sfruttare l'idroelettrico, contro le pale eoliche e pure contro i pannelli fotovoltaici che coprono il terreno. Tutte posizioni che possono avere delle ragioni, ma il risultato è l'immobilismo e oggi vediamo a cosa ci ha portato l'assenza di una politica in grado di prendere delle decisioni per il bene del Paese. E attenzione, il pericolo è doppio: oggi ci troviamo in una situazione di crisi che possiamo definire congiunturale, ma domani rischiamo di essere in ritardo anche nella futura ripresa, proprio perché l'Italia è meno attrezzata di altri Paesi, con il risultato che le nostre imprese potrebbero trovarsi fuori dal mercato per i costi dell’energia. Non dimentichiamo che i Paesi dell'UE sono comunque in concorrenza tra loro sul piano economico».

In questo scenario, per molti versi inedito, quale può essere il ruolo del sindacato?
«Il sindacato deve essere compatto e promuovere un'azione forte nei confronti del Governo, senza cercare facili consensi. Questo non è il momento del qualunquismo: dobbiamo offrire un contributo concreto per orientare il futuro, costruendo le alleanze necessarie».

Il caro-energia ha posto al centro dell'attenzione il tema dell'inflazione e quindi del potere di acquisto dei salari.
«È evidente che oggi è necessario superare quella visione secondo la quale i salari dovrebbero aumentare in proporzione all'inflazione non importata. In passato questa strategia ha consentito di mettere in sicurezza i conti pubblici, ma oggi non è più sostenibile: in Italia avevamo già un problema salariale e lo scenario attuale lo ha aggravato in modo repentino. Dobbiamo adottare un approccio diverso al rinnovo dei contratti di categoria, ricominciando a discutere di una reale redistribuzione della ricchezza ai lavoratori. Non c'è scelta, anche perché già negli ultimi due anni avevamo assistito ad un ampiamento della forbice salariale, creando un fenomeno di povertà relativa che è sempre più diffuso».

Come Cisl avete più volte fatto appello alla coesione sociale.
«Proprio per questo è il momento di cambiare strategia nella discussione sui rinnovi contrattuali. Perché la coesione si costruisce con le alleanze, non speculando sui rinnovi contrattuali. E attenzione, c'è anche chi un vero contratto nemmeno ce l’ha: penso ai rider, alle partite iva mascherate, ad alcune forme di lavoro a chiamata. Solo con lo strumento di un contratto di lavoro nazionale possono trovare delle tutele. Serve un regime legislativo che rimetta ordine nel settore, eliminando certe storture che sono state consentite negli ultimi anni: la crisi attuale impone anche un cambio delle normative sul lavoro, altrimenti avremo un Paese sempre più diviso, oltre che più povero».