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Previsioni.

Prevale ancora l'ottimismo ma crescono le incertezze

Un recente rapporto di Nomisma evidenzia i possibili scenari per l'economia italiana
By Athesis Studio

Il 2021 si è chiuso all’insegna di una crescita sostenuta, che caratterizzerà anche il 2022. È una previsione incoraggiante quella formulata da Nomisma in un recente rapporto, nonostante il nuovo anno non sia iniziato sotto i migliori auspici tra incrementi dei costi energetici, materie prime che scarseggiano e contagi che rendono difficile la continuità in molti luoghi di lavoro. In termini numerici, le previsioni parlando di un aumento del Pil del 4,3%, seppure in rallentamento rispetto al +6,2% del 2021 (dove però era evidente anche un effetto rimbalzo rispetto al 2020). Sebbene si tratti di un ritmo sostenuto, soprattutto in raffronto alla sostanziale stasi maturata nel nostro Paese negli ultimi vent’anni, la crescita del Pil italiano convergerebbe verso la media UE (+4,4%), allontanando l’Italia dai Paesi più dinamici, come la Spagna (tra quelli più grandi). Sarebbe infatti il decimo Paese per tasso di crescita, quando era ottavo nel 2020, anno in cui superava la media UE di almeno 1,2 punti percentuali (come detto in precedenza). Il recupero dei livelli pre-Covid potrebbe, con buona probabilità, concretizzarsi nella prima metà del 2022, forse già nella primavera come stima il Governo. Tuttavia, il Paese resta legato a fragilità strutturali che la spinta ciclica e i fondi del PNRR non saneranno nel breve periodo. Secondo le più recenti stime del FMI (pubblicate e ottobre), l’Italia non recupererebbe completamente i livelli pre-Covid nel 2022 (-1,6%), e resterebbe al di sotto del 2007 di 5-6 punti percentuali, unico Paese dell’Area euro assieme alla Grecia. A trainare la crescita sarebbero nuovamente gli investimenti (+8,7%), spinti dall’attuazione del PNRR e da politiche di bilancio ancora espansive. Una novità rispetto al 2021 verrebbe dalla dinamica dei consumi (+4,8%), che darebbe un contributo positivo alla crescita del Pil, restando sui livelli stimati per il 2021 (+4,9%). Numerosi sono tuttavia i fattori che possono modificare lo scenario delineato. Esso infatti è stato formulato considerando: l’assenza di nuove significative restrizioni legate all’emergenza sanitaria; un orientamento ancora espansivo della politica monetaria; e l’attuazione degli interventi previsti dal PNRR. Relativamente al primo punto, niente fa pensare al momento l’arrivo di un nuovo lockdown, nemmeno parziale. Spostando l’attenzione sulla politica monetaria, le indicazioni che vengono dalla BCE, e gli auspici del FMI fanno propendere per la prosecuzione delle “guidelines accomodanti” attuali, anche se va tenuto della diversa posizione della FED (Banca centrale degli Stati Uniti) che, in estrema sintesi, definisce non transitoria l’inflazione e potrebbe prendere misure restrittive e condizionare anche le altre banche centrali. Da ultimo l’attuazione del PNRR rispetto alla quale si procede, ma con alcune frizioni che potrebbero comprometterne la spesa effettiva rispetto al programmato. Ad inizio dicembre sarebbero stati raggiunti 35 obiettivi chiave sui 51 previsti entro la fine dell'anno, obiettivo a cui sarebbe vincolato il nuovo esborso da parte della Commissione europea. Ma al di là della dinamica finanziaria tra governo e Commissione, il dato maggiormente impattante è il ritardo con cui i Ministeri (in primis) stanno predisponendo le norme attuative, come i decreti contenenti i criteri di assegnazione dei fondi da inserire nei bandi di gara. Una parte rilevante del ritardo sarebbe imputabile al Ministero per la Transizione Ecologica, che da solo gestisce 34,6 miliardi di euro. Oltre a questi vanno anche annoverati altri fattori di rischio, alcuni endogeni, ovvero interni al nostro Paese, altri no. Tra i primi l’Istat ne indica due di particolare rilievo. Il primo è la (bassa) qualità occupazione che in Italia, nel secondo trimestre del 2021, vede un modesto coinvolgimento di persone con titolo di istruzione terziaria (24,6%), quasi la metà della quota di occupati