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Confindustria.

Occorre fare sistema per costruire il futuro

L'appello della presidente Laura Dalla Vecchia

Si è concluso un 2022 che, nel suo complesso, può considerarsi positivo per le imprese associate a Confindustria Vicenza: «Questo non ci esime dall’avere ben presente che per alcuni settori, invece, è stato un anno molto molto difficile, con le relative ripercussioni di breve-medio termine - precisa la Presidente di Confindustria Vicenza Laura Dalla Vecchia -. Anche perché il 2023 sarà un ennesimo anno con nuove incertezze, un anno in cui non potremo contare più di tanto sull’inerzia del rimbalzo del 2021 e sulla tenuta del 2022».

Anche quest’anno, quindi, ricomincia una nuova era che porterà a dover ridefinire molti dei paradigmi che regolano la vita economia, politica e sociale.

«Per citare solo la stretta attualità, ci sono cinque elementi importanti. Abbiamo vissuto tempi in cui inflazione e costo del denaro erano vicini allo zero, mentre ora non si contano i rialzi dei tassi delle banche centrali che vanno a stravolgere equilibri e strategie finanziarie», continua Dalla Vecchia. «Avevamo, inoltre, un costo dell’energia abbordabile mentre ora, invero da due anni a questa parte, i prezzi hanno fatto la fine che tutti sappiamo. E pochi giorni fa, sulle testate economiche, si festeggiava il fatto che il prezzo del gas è tornato ai livelli di dicembre 2021. Ma noi, già allora, denunciavamo, inascoltati dalla politica, il pericolo dei rincari in atto. Come è andata a finire? Che la finanziaria approvata neanche un mese fa ha destinato 2/3 del budget al caro energia».

E poi c’è la questione demografica in atto, «Oramai in procinto di esplodere - aggiunge la Presidente -. E poi sarà da valutare quale sarà la selezione sui mercati mondiali operata dalla rivoluzione dell’intelligenza artificiale».

La necessità, in questo contesto, è quindi quella di continuare ad essere competitivi. Serve puntare su scuole, università e infrastrutture.

«Sulle scuole tecniche in primis - spiega Laura Dalla Vecchia -. Scuole che coinvolgano le professionalità e le competenze che ci sono nelle aziende del territorio. E quindi su un’università attrattiva, dove si studi bene, si abbiano risorse per fare ricerca assieme alle imprese e dove si viva bene. In questo senso conta tantissimo una città a misura di Generazione Z. Vicenza, come città e come provincia, ha estrema necessità di un’università che cresce; ma serve un contesto istituzionale che lasci da parte i campanili e che lavori, tra le altre cose, sulla realizzazione del nuovo campus».

Poi ci sono le infrastrutture: fisiche e digitali. «Servono infrastrutture moderne, sostenibili. Penso ai mezzi pubblici, ai treni. Siamo stanchi di sentire parlare di metropolitana di superficie senza progetti. O con progetti fermi solo agli annunci. Oggi il sistema ferroviario veneto funziona in maniera troppo limitata. A livello regionale abbiamo un’Olimpiade da ospitare, bisogna quindi permettere al mondo di essere connesso non solo con Venezia, ma, sfruttando sicuramente il capoluogo regionale come hub, dobbiamo permettere a chiunque il facile collegamento con i mezzi pubblici a gran parte del territorio. Quello che produce merci, servizi e bellezza. Che non sono solo i capoluoghi di provincia. Siamo un territorio con realtà importanti sparse nelle valli, nella provincia. Zone che oggi, con l’eccezione di quelle che saranno, finalmente, collegate alle autostrade tramite la Pedemontana, spesso non sono connesse».

Gli Industriali chiedono di essere messi nelle condizioni di poter continuare fare quello che ha posto la nostra provincia come una delle capitali mondiali della manifattura: ovvero lavorare, inventare il futuro e produrlo qui sul territorio. «Fermo restando che se c’è una caratteristica distintiva delle aziende vicentine, questa è la flessibilità - continua la Presidente di Confindustria Vicenza -. Ovvero la capacità di cambiare rapidamente direzione e adattarsi al mondo che muta con la qualità, l’ingegno e la caparbietà che ci hanno sempre contraddistinti e che ci permettono di essere campioni della manifattura mondiale. Anche con il Covid, anche con la guerra, anche con un Sistema Paese che, da sempre, è più un freno che un acceleratore». A partire da questa premessa, la Presidente lancia però un appello: «Sono convinta che sia urgentissimo lavorare a livello di Sistema Paese, o almeno Sistema Nordest, sullo sviluppo di tecnologie e prodotti Made in Italy, se vogliamo cavalcare le rivoluzioni in corso e quelle che verranno. Il punto è che serve una programmazione che coinvolga istituzioni, mondo dell’università e della ricerca, mondo delle imprese, parti sociali e anche terzo settore. Serve un progetto politico e produttivo condiviso, sfruttando a pieno la messa in opera progressiva del Pnrr. Un piano che potenzi ricerca e sviluppo nelle aziende, nelle università e nei centri di ricerca, auspicabilmente e massivamente anche in Veneto, che possa portare ad un ritorno sull’investimento per i privati e per il Paese. Dobbiamo essere in grado di continuare a produrre la tecnologia del futuro e di continuare a offrire posti di lavoro in questo Paese».

La difesa del lavoro sul territorio è stato proprio uno dei temi proposti a tutte le forze politiche nella scorsa assemblea di Confindustria Vicenza. «Il problema è che già oggi, in Italia, lavorano poche persone. Abbiamo un tasso di occupazione del 60,5% Questa cifra è vergognosamente bassa. L’Olanda, la Svizzera, la Norvegia sono nei dintorni dell’80%. La Germania al 75%. La Polonia al 70%. La Francia al 67%. Avere l’occupazione al 60% significa che ci sono milioni di persone che non lavorano. Ed è quindi sulle spalle di una fetta insufficiente di italiani che tocca far stare in piedi il Paese. Un Paese meraviglioso ma ricco di debiti, inefficienze e che invecchia a dismisura. Questa rotta va invertita di 180°. Quindi, ribadisco, come Paese, ma anche come Regione e come Nordest, dobbiamo promuovere azioni incisive, come fu Industria 4.0, per sviluppare in Italia le tecnologie che guideranno le transizioni energetiche, digitali e demografiche nel mondo». E per questo ci vogliono due cose: imprese e ricerca. Ovvero le imprese e università. Ovvero le imprese e i giovani.