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Riforme

CNA apre il tavolo per la nuova legge quadro

Alessandro Leone
Alessandro Leone
Alessandro Leone
Alessandro Leone

Una nuova legge quadro per sostenere l’artigianato che pensa in grande. Parte da CNA Veneto Ovest la prima bozza di una proposta normativa di carattere nazionale, per riscrivere le regole di un comparto a cui il vecchio “vestito” da tempo ha cominciato a stare stretto. L’obiettivo infatti è dichiarato: rivedere gli standard dimensionali che delimitano l’attuale titolo di impresa artigiana, in nome delle tante attività locali che, cresciute grazie a strategia e tenacia, sono andate incontro alla perdita del requisito. «In Veneto - spiega il direttore generale di CNA Veneto Ovest Alessandro Leone - ogni anno si registrano dati in calo tra le realtà iscritte all’Albo regionale Imprese Artigiane, che per il 15% sono legate però non a cessazioni ma ad attività cresciute a tal punto da non poter più essere classificate come artigiane». Ed è un problema non di poco conto se si considera per esempio che la sola revisione dei contratti per i dipendenti fa schizzare immediatamente le spese del personale. «Basta assumere un dipendente in più per superare i risicati limiti che vanno dagli 8 ai 32 dipendenti a seconda del settore, con un aumento sensibile del costo del lavoro che impatta direttamente sul bilancio dell’azienda». Questo nonostante l’approccio al fare impresa rimanga lo stesso di sempre, fondato come prima su creatività, passione, legame con il territorio e conoscenza del mestiere. Cioè in una parola, sull’artigianalità. «E secondo noi proprio il criterio dell’artigianalità deve essere la discriminante tra l’impresa che può dirsi o meno artigiana. A partire da questo concetto abbiamo scelto di lavorare a una nuova bozza di legge sull’artigianato. L'Albo è di competenza regionale, ma chiaramente è fondamentale partire da una revisione dell’attuale legge quadro 443, una legge del 1985 che non è più stata toccata dal 2012». Come mai la spinta parte da CNA Veneto Ovest? «Siamo stati tra i primi a portare la questione all’attenzione dei nostri vertici nazionali, perché proprio il territorio di nostra competenza - l'area delle province di Vicenza e Verona - è ogni anno culla di realtà d’eccellenza che magari nascono come botteghe o poco più, e in pochi anni al nostro fianco riescono a conquistarsi un posto in prima fila nel loro mercato di riferimento. E questo capita in tutti i settori: dalla manifattura ai servizi alla persona, dalla moda alle nuove tecnologie». Anche perché può essere una soluzione immediata e a costo zero per far ripartire l’occupazione. «Basterebbe questa variazione normativa per consentire alle imprese più meritevoli di continuare a crescere senza il timore dei costi legati a nuove assunzioni, dando modo all’intero sistema produttivo e al tessuto economico territoriale di trarne immediatamente beneficio. Inoltre, avere imprese un po’ più grandi e strutturate sul territorio significa permettere a tante piccole realtà satellite di svilupparsi al loro fianco, innescando micro sistemi di filiera locale che in un periodo di grande incertezza economica possono rappresentare una bella boccata d’ossigeno». Come evolverà da qui in avanti la situazione? «Già a giugno ne abbiamo discusso nel corso della nostra assemblea annuale in diretta streaming con il ministro dello Sviluppo Economico Stefano Patuanelli, dal quale abbiamo ricevuto un primo importante apprezzamento. La proposta è passata quindi alla nostra presidenza nazionale, che ha aperto il primo tavolo di lavoro con tutti i rappresentanti di territorio, e che ci vede naturalmente in prima linea. Da lì partiranno i lavori per redigere una prima bozza di proposta, che costruiremo a partire dai dati oggettivi di un’indagine che abbiamo già avviato con il Centro Studi CNA. L'importante adesso è che il Paese torni a trovare al più presto una propria dimensione di stabilità politica, per procedere con un progetto che siamo certi troverà molti pareri favorevoli».