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ALBERTO FAVERO

«Manca personale. Servono soluzioni o il lavoro scappa»

«La ripresa c'è ed è evidente e adesso il problema della carenza di risorse da inserire in azienda riguarda sia le professioni specializzate che quelle generiche»

Scordiamoci il passato, siamo a Vicenza. Pagata la loro parte di prezzo alla pandemia, è come se le imprese beriche per certi versi si fossero già messe la pandemia alle spalle. Perché adesso è tempo di guardare avanti. I dati della produzione e dell'export sono buoni, in certi casi anche migliori di prima del Covid, e si è già fatto sentire anche uno dei problemi più annosi segnalati dalle imprese, quello della scarsa disponibilità di manodopera rispetto alle esigenze di profili professionali da inserire in produzione. Partiamo da qui nel parlare con Alberto Favero, vicepresidente di Confindustria Vicenza con delega alle relazioni industriali.

Qual è in questo momento la realtà del mercato del lavoro nel Vicentino e la situazione dal punto di vista occupazionale?
Nel periodo della pandemia c'è stato inevitabilmente uno stop, dal punto di vista dell'inserimento di nuove risorse nelle aziende. C'era forse una preoccupazione diffusa che potesse accadere il fenomeno opposto, cioè che nel dopo pandemia potessero esserci delle conseguenze per l'occupazione, invece nel complesso si è riproposta la situazione che c'era prima dell'emergenza, con il ripresentarsi della difficoltà, da parte delle imprese, a trovare i profili professionali necessari.

Su questo tema Confindustria Vicenza è intervenuta già in varie occasioni fino a farne uno dei temi di fondo dell'assemblea. C'è dunque un diffuso problema di risorse umane nelle aziende?
Sì, ed è un'esigenza abbastanza estesa, non è presente soltanto da noi. A Milano, per dire, la situazione non è migliore della nostra. Gli effetti negativi del post pandemia ci sono stati, non c'è dubbio, e ci sono alcuni settori che sono ancora in difficoltà o non si esprimono comunque come prima; però in generale la ripresa c'è ed è evidente e il problema della carenza di personale è abbastanza allarmante, riguarda professioni più specializzate, ma anche meno.

Il problema manodopera riguarda tutti i settori o qualcuno in modo particolare?
Ci sono settori che in questo momento stanno trainando la ripresa con un'accelerazione importante e lì il problema si sta effettivamente sentendo ancor più di due anni fa. Penso alle aziende legate al termo-sanitario, con tutto l'indotto legato agli incentivi governativi. Penso anche alla filiera delle costruzioni, che ha problemi a stare dietro agli ordini e alle commesse. Poi certo, ci sono settori come la moda dove permangono ancora delle difficoltà, anche se molti hanno avviato una semi-conversione della produzione.

Quindi la fine del blocco dei licenziamenti non ha prodotto fin qui quelle conseguenze che qualcuno temeva, paventando un possibile salasso di posti di lavoro anche nel Vicentino?
No. E per il prossimo anno, o anno e mezzo, non vediamo grosse criticità. Qualche caso isolato presente nel nostro territorio ha una genesi ante-pandemia, dettata da questioni strutturali che si sarebbero probabilmente manifestate a prescindere dall'emergenza sanitaria. Nel complesso direi che la situazione produttiva in questo momento è di vivacità. È stata fatta un po' di strumentalizzazione, forse è stato anche un modo per esorcizzare un problema che si temeva potesse presentarsi, ma che per il prossimo futuro non ha ragione di essere.

Come associazione state pensando a qualche intervento utile a colmare almeno in parte la difficoltà a reperire personale?
Attiveremo una serie di iniziative per cercare di creare dei ponti tra la domanda e l'offerta. Ponti che dovranno essere sufficientemente lunghi, perché il territorio locale non può risolvere il problema da solo, probabilmente non lo può fare nemmeno quello nazionale. Forse si tratta di attivare articolate campagne di formazione professionale, in un'ottica che favorisca una sorta di "travaso" tra quelle aree geografiche dove c'è carenza di lavoro e quelle dove c'è invece carenza di manodopera, specializzata e non.

Intende dire che si tratta di lavorare per intercettare manodopera da altri paesi? A quali aree si riferisce? Est Europa?
L'incrocio non è semplice. Fino a un paio d'anni fa Romania o Polonia potevano essere paesi da cui cercare di richiamare personale, ma adesso anche lì comincia a esserci carenza di manodopera. Ovviamente il mercato del lavoro in quelle aree è pur sempre meno avvantaggiato rispetto a noi, però occorre allargare un po' il raggio d'azione. Dobbiamo cercare di costruire dei progetti-pilota, coinvolgere le aziende, fare formazione dedicata, a seconda delle necessità, con l'obiettivo di avvicinare le aspettative reciproche. È più facile a dirsi che a farsi, però bisogna lavorare in questo senso, altrimenti continueremo a parlare di carenza di manodopera, ma le difficoltà rimarranno.Soprattutto non è facile a farsi in tempi brevi. Sono fenomeni che hanno bisogno di tempi quantomeno medi, per produrre effetti duraturi...Certo. Il rischio però è che il lavoro scappi. Perché in assenza di soluzioni l'azienda potrebbe pensare di avvicinare il lavoro là dove troverà manodopera, per assicurare continuità alla propria attività. Dobbiamo lavorare per invertire questo trend, insomma.

L'assemblea associativa ha messo al centro il tema dei giovani e del lavoro. Oggi quanto c'è bisogno di giovani dentro le aziende?
C'è bisogno di molta creatività. Saper cogliere le nuove tendenze è qualcosa che appartiene anagraficamente alle persone giovani. Quindi l'inserimento di una popolazione un po' più giovane all'interno delle aziende è quanto mai salutare, soprattutto in questo periodo. Il bisogno di forze fresche indubbiamente è molto sentito da parte di tutti. Non necessariamente con esperienza, in molti casi si tratta di saper vedere le stesse cose con occhi nuovi.

Qual è, in questa fase, lo stato dei rapporti con i sindacati in provincia?
Il nostro territorio da questo punto di vista è sempre stato caratterizzato da una dialettica costruttiva. Ora serve però una marcia in più, sia da parte delle aziende che dei sindacati. C'è sul piatto un piano europeo di sostegno e di rilancio che per l'Italia è veramente un'opportunità unica di crescita e modernizzazione, che dev'essere colta con grande consapevolezza da parte di tutti. Le aziende devono saper evolvere nel modello di azienda, che non è più quello di qualche tempo fa, e i sindacati devono capire che bisogna evolvere come atteggiamenti ma anche come regole. Altrimenti rischiamo di essere superati da qualche altro paese. C'è una connotazione vicentina che è quella di pensare di poter fare ancora da soli perché si è sempre fatto così e i risultati sono comunque arrivati. Vero, ma bisogna dire che se oggi non si fa coalizione e non si creano relazioni, si avrà difficoltà a fare il salto di qualità. Questa è la sfida più grande. Non sarà più così semplice fare da soli.

A breve entrerà in vigore anche nelle aziende l'obbligo per i lavoratori di possedere il green pass. Un risultato che vi soddisfa, visto che questa è stata una proposta che Confindustria aveva avanzato da tempo?
Siamo sempre stati del parere che il tema green pass non dovesse essere lasciato alla trattativa del singolo, ma andasse disciplinato per decreto. Per un semplice motivo: c'è un protocollo e va rispettato, a tutela prima di tutto delle persone, e poi dell'attività aziendale. Il concetto è che se ognuno segue una sua strada le difficoltà continueranno a esserci. Dobbiamo essere tutti disciplinati e disposti a seguire le regole che ci vengono indicate, per uscire il prima possibile da questo momento difficile. È solo così, con la condivisione e anche con qualche rinuncia personale, che possiamo farcela. Quindi sì al green pass, ma l'augurio è che si vada oltre, perché non è certo questa la soluzione.

Per "andare oltre" intende arrivare all'obbligo vaccinale?
So che è un tema forte, molto sentito e contraddittorio, però così come è avvenuto qualche decennio fa per la poliomelite e poi per altri tipi di vaccini, credo che anche in questo caso l'obbligo del vaccino sia in definitiva la soluzione ultima.. © RIPRODUZIONE RISERVATA

Stefano Tomasoni