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ARMIDO MARANA

«L'economia circolare è occasione di sviluppo»

«Questi temi non vanno visti come un problema, ma come un modo per orientare gli investimenti e per cogliere aree nuove di mercato»

Nella sua azienda a Santorso, Armido Marana ha fatto la scelta della sostenibilità già una decina d'anni fa, quando ha cambiato totalmente la produzione, lasciando quella delle mollette in plastica e legno per passare a quella dei contenitori monouso biodegradabili. Un passaggio che ha dato all'impresa nuova linfa e nuova competitività. Adesso che è vicepresidente di Confindustria Vicenza con la delega proprio alla sostenibilità e all'economia circolare, Marana si sta adoperando per diffondere questi temi all'interno delle imprese vicentine e far crescere la consapevolezza che la sostenibilità genera valore.

Marana, lei si occupa di economia circolare da quando erano ancora pochi a farlo: quanto è importante oggi la sostenibilità per il mondo delle imprese?
Oggi è il driver principale. Del resto è la voce che assorbirà la maggior parte dei contributi stanziati dall'Unione Europea con il Pnrr. Ma già prima dell'emergenza pandemia l'Europa aveva messo in programma investimenti per mille miliardi legati al percorso dell'economia circolare. Questa è una partita che coinvolgerà tutti: i cittadini, le organizzazioni, le imprese... Saremo tutti chiamati a fare la nostra parte per centrare gli obiettivi che sono stati individuati. Fino a qualche anno fa erano obiettivi legati al sentire comune, ma dal 2015 abbiamo un vademecum completo che è costituito dall'Agenda 2030 dell'Onu, composta da 17 punti comprendenti tutte le situazioni che coinvolgono le persone, l'ambiente e il modo nel quale questi fattori interagiscono.

Un tema che definire trasversale è poco, insomma
Un tema universale. Abbiamo visto che anche il papa con l'enciclica "Laudato sì" ha messo l'ambiente come punto di riferimento. Se fino a ieri, e in parte ancora oggi, si associava la parola sostenibilità all'ambiente, nel corso degli ultimi anni ci siamo resi conto che dobbiamo tenere conto di altri aspetti. Innanzitutto dell'uomo, che si pone al centro della società in cui viviamo come l'attore principale che agisce nell'ambiente. E poi dell'economia. Dobbiamo cercare di conciliare tutti questi elementi.

Ma quanto è diffusa, a tutti i livelli, la disponibilità a farlo?
Il ministro della transizione ecologica Cingolani ha sottolineato una cosa importante: attenzione, ha detto in sostanza, perché se dobbiamo produrre l'acciaio "verde" e sappiamo che costerà 5 volte più dell'acciaio tradizionale, dobbiamo anche impegnarci ad acquistarlo, non possiamo pensare di attivare una filiera virtuosa senza poi sostenerla. Questo è un modo per dire che dobbiamo considerare il mondo nel suo insieme e che ci sono due altri aspetti che fanno parte della sostenibilità, oltre all'ambiente, che sono appunto il sociale e l'economia. L'Agenda 2030 considera tutti questi tre aspetti, per dire che dobbiamo iniziare tutti insieme a modificare i nostri stili di vita.

Spendere di più per comperare l'acciaio "verde", peraltro, presuppone una potenziale incidenza sulla competitività delle imprese. C'è il rischio che la sostenibilità sociale e ambientale finisca col pesare sulla sostenibilità economica di un'azienda?
Rispondo ricordando come negli anni Ottanta gli esperti di strategie d'impresa dicevano che occorre saper cogliere i cambiamenti, abbandonare la propria "comfort zone" per mettersi in discussione. È di questo che si sta parlando anche in questa occasione, sono concetti vecchissimi che sono applicabili anche oggi. Invece di vedere queste trasformazioni come un problema le si dovrebbe considerare come opportunità: potrebbe essere un modo per orientare investimenti e per cogliere aree nuove di mercato. La mia azienda oggi fa prodotti che vent'anni fa non erano per niente scontati. Tutti questi impulsi che ci arrivano, e che hanno la sostenibilità come fattore comune, dovrebbero farci capire che stanno maturando delle spinte al cambiamento, ma che non necessariamente devono essere viste come un problema. È come ci poniamo noi che conta.

E gli imprenditori vicentini come si pongono?
Gli imprenditori queste cose le ha già capite. Il problema non è nelle imprese, ma nel fatto che abbiamo demandato la strategia di applicazione alla politica, che in questo momento non ha le idee chiare. Noi imprenditori siamo perfettamente in grado di cogliere le opportunità che la sostenibilità porta, il problema è che coloro che devono emanare le norme di regolamentazione non lo fanno nei tempi e con le modalità di cui le industrie hanno bisogno. Se non c'è una strategia chiara e definita diventa difficile per noi dirottare investimenti in una certa direzione.

Come Confindustria Vicenza a cosa state lavorando?
La premessa è che partiamo dalla convinzione che il nostro territorio soddisfi già ora i parametri principali della sostenibilità: la responsabilità individuale e sociale delle imprese vicentine rientra già abbondantemente nelle attività previste dall'Agenda 2030. Il fatto è che le aziende fanno tutte queste attività perché le sentono nel loro Dna. Ora però l'Agenda prevede che occorra misurare tutto ciò. Non possiamo più pensare alle attività tese alla sostenibilità come buone azioni fini a se stesse: le dobbiamo poter misurare, secondo i parametri europei. Una delle prime attività che vogliamo fare, perciò, è attivarci con l'università a Vicenza per fare una mappa del livello di sostenibilità dei nostri associati. Cominciamo dal dire dove siamo, poi pensiamo a dove vogliamo andare. Il punto è considerare la sostenibilità come fattore di sviluppo per creare valore.

Che cosa si aspetta che emergerà da questa mappa?
La mia sensazione è che siamo già a un buon livello. Tutti i giorni leggiamo di aziende vicentine che hanno sviluppato attività di sostenibilità concrete. Basti pensare alla pandemia: le nostre aziende non sono mai state assenti nel sostenere il pubblico e nell'aiutare le persone. È nel dna dei nostri imprenditori.

Quindi c'è già la consapevolezza che la sostenibilità non è una moda, ma un scelta strategica?
Sì. Una delle cose da fare sarebbe quella di portare questi valori nei bilanci. Ci arriveremo. . © RIPRODUZIONE RISERVATA

Stefano Tomasoni