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INTERVISTA IL DIRETTORE DI "SKUOLA.NET"

Daniele Grassucci

«Serve una scuola che sia orientata alle competenze»

Daniele Grassucci è considerato uno dei maggiori conoscitori del mondo della scuola italiana e delle nuove generazioni. È direttore di Skuola.net, portale fondato nel 2000 assieme a Matteo Sbardella, quando entrambi erano ancora studenti liceali, e che oggi raggiunge i 5 milioni di utenti unici al mese. Grassucci lavora dunque tutti i giorni con gli studenti ma la sua è anche un'attività da imprenditore. Alla platea degli industriali presenti in assemblea ha presentato dunque un punto di vista "a tutto tondo" sul modo in cui oggi bisogna prepararsi al mercato del lavoro.

Grassucci, qual è lo stato dell'arte nel rapporto tra scuola, giovani e lavoro?
Nel mondo della scuola c'è un approccio allo studio e alla formazione completamente diverso rispetto a quello che un'azienda si aspetterebbe: in un'impresa oggi si chiede di lavorare in team, mentre a scuola si lavora in modo individuale; nel mondo del lavoro si dà molta importanza alle soft skill, ossia alle competenze relazionali, perché saranno sempre fondamentali in qualsiasi scenario di evoluzione tecnologica, mentre a scuola si punta sulle competenze specifiche, verticali. Così se chiediamo a un ragazzo come va in matematica lui sa rispondere con precisione perché ha come riferimento un voto, ma se gli si chiede come valuta la sua capacità di lavorare in squadra non riesce a rispondere, perché la scuola non aiuta a capire a che punto si è per quanto riguarda le soft skill

.Perché questo aspetto relativo alle competenze di tipo relazionale diventa così importante?
Perché ci sono ragazzi che sono molto talentuosi appunto sotto il profilo delle soft skill ma non lo sanno, così magari si vedono giudicati come persone poco talentuose e possono essere portati a fare scelte di studio conseguenti a questo giudizio, quando invece i talenti li avrebbero. Per contro, ci possono essere ragazzi molto dotati dal punto di vista accademico ma carenti dal punto di vista delle competenze sociali, emotive. Questa è una situazione di cui gli studenti, le famiglie, le scuole e le imprese devono essere consapevoli.

Anche le imprese?
Certo, perché per risolvere la mancata corrispondenza tra scuola e lavoro, quello che si definisce "mismatch", gli imprenditori che cercano manodopera devono fare un lavoro porta a porta, non possono aspettare che dal sistema formativo escano le risorse di cui hanno bisogno. Non si può essere attori passivi rispetto al sistema della formazione, ma ci si deve attivare. Chiaro che è un investimento e che sarebbe molto più semplice aprire una posizione e ricevere i curricula di persone già pronte, ma siccome questo non avviene il "mismatch" va risolto cercando di creare dei ponti con il mondo della formazione e dialogando con le famiglie.

Le famiglie, dal canto loro, guardano ancora con preferenza ai percorsi liceali più che a quelli tecnici e professionali?
Sì, oltre alla scuola che non è più improntata alle competenze ma alle conoscenze, c'è anche il problema delle famiglie che sempre più orientano i figli verso i mestieri intellettuali perché ritengono che siano migliori di quelli tecnici. Ma non sanno come funziona una fabbrica nell'industria 4.0, hanno ancora in mente l'operaio e la catena di montaggio. Finiscono così in molti casi per indirizzare i figli verso scelte sbagliate, pensando che mestieri di tipo più intellettuale siano da preferirsi.

Questo "mismatch" tra scuola e lavoro, però, è un tema di cui si parla da molti anni e sui quali ci sono state ormai innumerevoli iniziative di collaborazione da parte delle associazioni e delle scuole. Eppure, lei dice, ci si continua a muovere su piani paralleli che faticano a incontrarsi?
È ancora peggio, perché i corsi di alternanza scuola lavoro non sono strutturati, ogni territorio e ogni scuola si organizza a suo modo: ci sono percorsi di qualità che effettivamente possono portare a un valore aggiunto in termini di orientamento e addestramento al mondo del lavoro e sviluppo delle competenze trasversali, e poi ci sono situazioni che si trasformano nella raccolta dei punti del Mulino Bianco, in cui fare alternanza diventa un semplice adempimento dell'obbligo ministeriale.

E di chi è allora la responsabilità di questo? Solo della scuola o anche delle imprese?
C'è una combinazione, perché sono due mondi che non comunicano in maniera organica e sistemica. Serve una cabina di regia più profonda per coordinare. L'alternanza scuola lavoro rischia di essere sempre una parentesi, perché poi non è integrata in percorsi di formazione che parlano con il mondo del lavoro di oggi, fatte salve rare eccezione come quella degli Its. In questa situazione si possono avere due atteggiamenti: o aspettare e sperare, oppure attivarsi.

L'impressione è che la prima non sia la scelta giusta. Vero?
No, infatti. Serve fare rete creando relazioni qualificanti e durature con il mondo della formazione. Se si vuole, si può creare una filiera integrata: sta ai soggetti che sono dentro questa filiera la capacità di utilizzare al meglio tutte le possibilità che sono date dalla normativa.. © RIPRODUZIONE RISERVATA