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LA VOCE DEGLI IMPRENDITORI

«La domanda c’è, le imprese sono al lavoro»

«Per certe funzioni, come in ambito qualità o acquisti, si fatica a trovare persone con idonee caratteristiche e con la voglia di mettersi in gioco»
Far crescere all’interno  i lavori del futuro è uno dei compiti che attendono le imprese
Far crescere all’interno i lavori del futuro è uno dei compiti che attendono le imprese
Far crescere all’interno  i lavori del futuro è uno dei compiti che attendono le imprese
Far crescere all’interno i lavori del futuro è uno dei compiti che attendono le imprese

La siccità si fa pesante, ma per l'economia e per le imprese le nuvole all'orizzonte non mancano: la guerra, i costi energetici, i problemi di approvvigionamento, l'inflazione che vola, la difficoltà di trovare manodopera. Eppure, nonostante tutto, il mondo manifatturiero vicentino sembra guardare avanti ancora con una certa fiducia. Con una visione che Otello Dalla Rosa, direttore generale di Ferretto Group, definisce «non pessimistica», che è un modo per inserire la situazione attuale all’interno di una cornice di sana cautela. Il comparto dei sistemi di magazzinaggio automatico in cui opera Ferretto, del resto, è una cartina di tornasole per capire come si muove l'industria in generale. «C'è da restare cauti, ma c'è attività e questo fa sperare, se si normalizza la situazione geopolitica internazionale, di poter avere un orizzonte di serenità un po' più lungo – dice Dalla Rosa -. Noi grandi rallentamenti nella domanda non ne abbiamo avuti, stiamo raccogliendo ordini che hanno già coperto tutto il 2023. Il nostro mercato è strettamente collegato all'efficientamento dei processi di gestione delle merci, quindi il fatto che la domanda tenga è segno anche del fatto che le aziende si stanno riorganizzando per essere più efficienti qui: il reshoring è un fenomeno oggettivo». Certo è che, al netto della capacità di reazione delle aziende, sono le condizioni esterne a preoccupare. «Noi in questa fase facciamo fatica a far fronte alle richieste del mercato, ma se guardo alla situazione più generale penso a come faranno a sopravvivere le aziende che operano in settori energivori, dalle acciaierie all’industria del vetro o a quella della ceramica – osserva Massimo Neresini, amministratore delegato di Sicit Group -. E c’è da fare i conti anche con un’inflazione che potrebbe arrivare, temo, al 12%, su scenari simili agli anni Settanta. Servono provvedimenti a livello europeo, servirebbe un tetto ai prezzi del gas, cosa che Draghi aveva ventilato ma che pare sia qualcosa di ben difficile ottenimento».

Si cerca qualità del lavoro. Resta sul tappeto anche il tema delle risorse umane, delle competenze che si cercano e spesso si fatica a trovare. In una parola, di come intercettare e far crescere all'interno i lavori del futuro. «Noi abbiamo cambiato moltissimo i profili che stiamo cercando – spiega Dalla Rosa -. Si fa fatica a trovare tecnici, persone che abbiano formazione nel software, nella meccanica ed elettronica, ma anche ragazzi bravi a fare project management, in arrivo dal mondo dell'ingegneria gestionale o dalle discipline di tipo economico. La difficoltà nel trovare giovani è un dato oggettivo: da un lato scontiamo la concorrenza di grandi poli attrattivi, come Milano o alcune grandi capitali estere, dall'altro scontiamo il fatto che i giovani non sono tanti e la competizione per potarseli a casa è elevata. E poi il giovane oggi non cerca più un lavoro purchessia, ma una certa qualità di vita del lavoro, di flessibilità, di possibilità di crescita professionale e di formazione. Per le aziende, essere attrattive oltre la dimensione del rapporto salario-produttività è la vera sfida del futuro». «Trovare personale preparato da inserire in azienda, soprattutto tecnico, è diventato difficilissimo – conferma Neresini -. Nel nostro territorio possiamo dire di essere ancora fortunati, perché possiamo contare su personale che, nel momento in cui l’azienda ha bisogno di gestire determinate esigenze produttive e carichi di lavoro, fa il possibile perché si riesca a rispondere alle necessità, però resta il fatto che i giovani non si trovano, viene a mancare la base di partenza, non si trova forza lavoro che possa essere inserita in azienda anche con la disponibilità a fare i turni. Il fatto è che è cambiato il modo in cui si guarda al lavoro, dobbiamo fare i conti con questa realtà, diversa da quella dei tempi in cui le nostre aziende sono cresciute».

Smart working, gioie e dolori. Che il lavoro e il modo di farlo siano cambiati è una realtà resa evidente dal fenomeno smart working. Che, come emerge dalla ricerca di Local Area Network, è visto con interesse in chiave futura da un’azienda su tre. Ora che tutti sono tornati in presenza, l’idea diffusa è quella di prendere quel che di buono ha portato il lavoro agile. «Lo smart working ha avuto un suo perché nel momento critico del lockdown, ma va anche detto che porta a una mancanza di team, ad avere una squadra zoppa – sottolinea Neresini -. In azienda si dovrebbe poter fare una riunione in tempo reale, quando serve: guardarsi negli occhi e discutere in presenza è diverso rispetto a farlo da remoto: da lontano non si costruisce insieme. Finisce anche che si possono creare tensioni interne, perché chi deve essere per forza presente in azienda a volte può essere portato a pensare che ci sia chi è messo in condizione di lavorare da casa e chi no. Insomma, è uno strumento che dobbiamo utilizzare con coscienza, quando la persona ha veramente bisogno, quando la contingenza del momento lo rende opportuno. Va organizzato bene». 

Crescere all’interno dell’azienda.  Creare un’azienda collaborativa, partecipata e stimolante diventa, in sostanza, un obiettivo di fondo di questa fase di ripartenza. «In questa fase – dice Francesco Battistella, titolare della Amer di Valdagno - noi stiamo attuando una trasformazione aziendale che ci consente di arrivare a condizioni di equilibrio economico molto interessanti, una trasformazione in chiave digitale e di Industria 4.0 che è notevole anche sotto l'aspetto degli investimenti e dà la possibilità di far crescere la nostra attuale manodopera dal punto di vista delle competenze interne. L'obiettivo non è tanto aumentare l'organico, quanto formare le persone ad altre mansioni all'interno dell'azienda, più interessanti sia dal punto di vista della remunerazione che da quello della partecipazione ai risultati d'impresa». Far evolvere le “skill” di chi è in azienda, dunque, è il progetto su cui lavora Amer. Dopodiché, sottolinea Battistella, resta vero che «per determinate funzioni, soprattutto nell'ambito della qualità o nell'ufficio acquisti, si fa difficoltà a trovare persone con certe caratteristiche e la voglia di mettersi in gioco».•. © RIPRODUZIONE RISERVATA

Stefano Tomasoni