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Statistica e protagonisti

In Veneto assunzioni in crescita ma livelli pre-Covid ancora lontani

La Bussola fornisce i dati: bilancio positivo soprattutto grazie ai contratti a tempo determinato. Dimissioni in aumento

In regione le aziende assumono, ma non ancora ai livelli del 2019. Nei primi cinque mesi dell’anno il saldo tra ingressi e cessazioni dei rapporti a tempo indeterminato, determinato e di apprendistato è di 57.200 nuove posizioni lavorative, un risultato ampiamente migliore del 2021 (+39.700) e 2020 (-4.000), condizionato dall’insorgere dell’emergenza Covid, ma inferiore ai livelli pre-pandemia. Nel 2019, infatti, il saldo fu superiore per 61.650 posti creati nello stesso periodo. Il differenziale mensile di maggio è 20.900 posti, poco meno dell’anno precedente, ma addirittura superiore al 2019 (+17.400).

A raccontare con i numeri il trend del mercato dell'occupazione nelle province venete è l’ultima Bussola di Veneto Lavoro. Il bilancio occupazionale positivo è dovuto in larga parte ai contratti a tempo determinato, cresciuti di 40.900 unità nel corso del 2022, ma anche al tempo indeterminato (+16.000), mentre l’apprendistato segna un incremento più modesto (+300). Le assunzioni, complessivamente 264.300, sono in crescita del +42% sull’anno precedente, del +61% sul 2020 e del +3% sul 2019, con risultati particolarmente positivi per le donne (+54%), la provincia di Venezia (+89%), il comparto turistico (+130%). La tipologia di contratto prevalente è il tempo indeterminato (+49%): nel solo mese di maggio ne sono stati siglati oltre 63 mila (+18%).

L’analisi settoriale conferma l’andamento positivo del comparto dei servizi, che evidenzia un aumento della domanda di lavoro del +62%, con punte del +130% nel turismo, in forte crescita e quasi +200% nell’editoria e nella cultura. L’industria incrementa gli ingressi del 30% e consegue un saldo occupazionale positivo per 13.500 posti di lavoro. In particolare, i valori più elevati rispetto alla media si registrano nel chimico-farmaceutico (+38%), nel metalmeccanico (+35%) e nel Made in Italy (+33%), a conferma che il picco di ordinativi è in fase di superamento. In controtendenza pure l’agricoltura, che nonostante un saldo positivo di oltre 6 mila posti di lavoro registra un calo delle assunzioni del -4%.

A livello territoriale, spiccano per saldi occupazionali Venezia (+26.400) e Verona (+17.900), anche se nel capoluogo scaligero il bilancio è ancora inferiore rispetto al 2019. Positive anche Padova +5.700, Treviso +3.500, Vicenza +3.300 e Rovigo +3.200. Belluno risente invece della stagionalità turistica e fa registrare nei primi cinque mesi dell’anno un calo di 2.800 posizioni lavorative. Per quanto riguarda il solo mese di maggio, assunzioni e saldi superano ovunque i risultati 2019. Le cessazioni, complessivamente 215.000, crescono del +41%, con un lieve rallentamento nel mese scorso (+30%). Continua a salire il numero delle dimissioni da contratti a tempo indeterminato: nei primi cinque mesi dell’anno se ne sono registrate 51.600 (+ 32% sul 2021; + 35% sul 2019), con un aumento particolarmente significativo per le donne (+47%) e per i lavoratori over 55 (+71%). Il 55% dei dimissionari proviene dal settore dei servizi, in particolare commercio-turismo (18%) e ingrosso-logistica (14%), il 35 per cento dal manifatturiero e il 9% dall’edilizia.

La maggior parte di chi lascia il lavoro trova una nuova occupazione entro un mese (57%), il 44% già in una settimana. Se chi opera nell’industria si ricolloca spesso nello stesso settore (78% dei dimissionari), oltre la metà degli addetti nel commercio e turismo preferisce cambiare. Infine, il dato sulla disoccupazione regionale.

A fine maggio i senza lavoro iscritti ai Centri per l’impiego del Veneto risultano complessivamente 383.300, di cui 270.700 disoccupati disponibili e 112.600 persone attualmente in sospensione perché impiegate temporaneamente o in conservazione della condizione di disoccupazione per ragioni di reddito. Il flusso delle dichiarazioni di immediata disponibilità nei cinque mesi è stato di 45.500 unità, in lieve aumento rispetto all’analogo periodo del 2021 (+10%). La tendenza è imputabile alla vivacità della congiuntura economica e di fiducia nel mercato del lavoro, dopo due anni di irrigidimento causato dalla pandemia

Valeria Zanetti