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TRENT’ANNIFA

Una sfilata di 8 ore davanti al presidente

By Athesis Studio

Duegiorni impossibili da dimenticare e tutta una settimana di festa. L’11 e 12 maggio del 1991 Vicenza diventò completamente alpina, indossando il suo vestito migliore, color tricolore. La città aveva tutti gli occhi addosso, perché l’adunata nazionale portò nel capoluogo berico anche l’allora presidente della Repubblica, Francesco Cossiga.Le pennenere vicentine, che ricevettero tutto il supportoda Comune,Provincia e da gran parte del tessuto socio-politico locale, riuscirono a far fronte alle tante difficoltà di carattere urbanistico, logistico ed anche a quelle dovute alle condizioni meteo. Si calcola che in quel fine settimana siano arrivate in città 300 mila persone. Il centro operativo fu installato nel salone Cristallo del Giardino Salvi e peruna settimana Vicenza divenne una vera e propria capitale alpina. Il raduno era il 64° da quando per la prima volta le penne nere si erano ritrovate sull’Ortigara nel 1920. Era il primo nel capoluogo, ma non una novità per la provincia, perché nel 1948 le penne nere si erano riunite a Bassanoalla presenza del presidente Alcide De Gasperi.

Ospitare una così grande quantità di persone non era un’impresa semplice per una città delicata come Vicenza, che già allora (anche se il termine non era entrato nel lessico collettivo) riuscì a dimostrare di essere resiliente, sapendo trovare soluzioni per rispondere a tutte le criticità. La sezione alpina e il Comune guidato per il primo mandato dal sindaco Achille Variati lavorarono fianco a fianco per non dimenticare nemmeno un aspetto.

C’era da pensare alla viabilità e pure ai parcheggi per i quali fu preparata un’area all’ex aeroporto Dal Molin (c’erano poco meno di cento strade che erano state vietate alle auto per evitare la congestione del centro). Per l’ospitalità furono aperte palestre e spazi delle parrocchie e furono creati campeggi e punti ristoro. Insomma, per qualche giorno la città fu ridisegnata in funzione di un evento dalla portata storica.Lasfilata però non era l’unica attrattiva: concerti, eventi delle fanfare e spettacoli di ogni tipo animarono diversi angoli della città.

Anche la Basilica palladiana ospitò una mostra dedicata che, attraverso fotografie e cimeli di ogni tipo, aveva l’obiettivo di raccontare l’evoluzione del corpo e dell’associazione che sono sempre riusciti a rimanere al passo con i tempi. Una settimana di festa che, come detto, culminò con la sfilata domenicale e inizio a prendere forma con la giornata di sabato in cui furono chiuse anche le scuole per evitare di gravare su una circolazione già in allarme rosso.

Come da tradizione, domenica si iniziarono a serrare le fila molto presto anche se poi il corteo iniziò effettivamente a prendere forma intorno alle 8.30 del mattino. L’apertura fu affidata a una garanzia: la fanfara della brigata “Cadore”. La chiusura, come imponela tradizione del cerimoniale, fu tutta della sezione ospitante. In mezzo, non mancòil passaggio dellesempre affascinanti Frecce Tricolore. Per più di otto ore sfilarono circa80mila alpini transitando da corso San Felice e piazzale Giusti, calpestando il selciato di viale Roma lungo cui era stata allestita la tribunaautorità in cuinonmancavano il presidente Ana nazionale, Leonardo Caprioli, e ilnumero uno vicentino, Giovanni Dalla Vecchia. Il presidente Cossiga, famoso per le sue parole che non erano mai banali e, qualche volta, unpo’ sopra le righe per il suo ruolo istituzionale, non si smentì rendendo omaggio agli alpini: «Oggi sfilano dicendo no alla diserzione, no alla viltà e sì alla pace. Da loro dobbiamo prendere esempio».

Karl Zilliken