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INTERVISTA - Paolo Marchetti

Il centenario è il modo di testimoniare ciò che siamo e facciamo

By Athesis Studio

Aveva 20 anni quando ha indossato per la prima volta il cappello alpino e ora che ne ha compiuti 62, Paolo Marchetti legge negli stemmi che fregiano il suo copricapo i passaggi salienti del percorso da penna nera. «Questo - dice indicandolo - è il simbolo del battaglione logistico Cadore, questa la spilletta del centenario della nostra sezione, quest’altro è il contrassegno del gruppo alpini di Arzignano e qui c’è la spilla del raduno della Valchiampo». Gli ultimi 40 anni, il vicepresidente vicario dell’Ana “Monte Pasubio”, già capogruppo per 18 anni di Arzignano e ora coordinatore degli eventi per il centenario della sezione, li ha trascorsi da alpino, a favore della collettività, soprattutto da regista e organizzatore di raduni, punto di riferimento per le penne nere.

Come è iniziato tutto?
Con il servizio militare in Cadore dal febbraio del 1979 al febbraio dell’80. L’iscrizione all’Ana risale all’81. Una vocazione tardiva. Ho visto in televisione la cronaca della Rai sull’adunata nazionale, forse era a Genova o a Fano, e ricordo di aver pensato: “Ma io che sono un alpino cosa ci faccio qui a casa?”, così mi sono iscritto e ho cominciato a lavorare per l’associazione.

Cosa ricorda del servizio militare?
Ho imparato a non essere di peso alla mia famiglia e ad arrangiarmi. All’epoca il servizio militare era l’esperienza che serviva all’individuo per passare dalla giovinezza spensierata alla vita di tutti i giorni. Si imparava il senso di responsabilità. Sarebbe importante che la leva tornasse ad essere obbligatoria. 

Lei è diventato consigliere sezionale nel 1998, è stato a lungo vicepresidente, nonché primo presidente della commissione giovani.​ Qual è l’esperienza di cui va più orgoglioso?
L’organizzazione del raduno triveneto del terzo raggruppamento ad Arzignano, nel 2007, quando ero capogruppo. È stata la più grande manifestazione che mi ha visto protagonista dalla a alla zeta. Ma non ho fatto tutto da solo, ho avuto collaboratori straordinari. Nel mio percorso non mi sono solo occupato di organizzare eventi e raduni, sono anche un grande appassionato di teatro.

E questa passione come si declina nell’attività dell’Ana?
Nel 2014 sono riuscito con un amico regista e attore a portare in teatro l’opera di Bedeschi, “Il peso dello zaino”. Ora sto lavorando a una stesura teatrale sulle Foibe. Le classiche manifestazioni alpine, come le deposizioni delle corone d’alloro, possono risultare noiose, sarebbe invece importante avvicinare la gente alla storia e al mondo degli alpini attraverso il teatro e le serate culturali, per far capire il nostro modo di essere.

Qual è il vostro modo di essere?
Il mettersi sempre a disposizione degli ultimi, di coloro che hanno bisogno, gratuitamente e 24 ore su 24. Il volontariato per noi è un modo di vivere. Stiamo lavorando alla pubblicazione di un libro che parlerà dei 100 anni di attività degli alpini di Vicenza. Mi ha sorpreso scoprire che anche il gruppo più piccolo della nostra sezione si è sempre attivato negli anni a favore della collettività.

Una solidarietà di cui ho avuto anche testimonianza personale. In quale occasione?
Nel 2017 ho subito tre interventi a causa di un tumore. Durante il ricovero e la convalescenza la presenza degli alpini è stata costante. Non mi hanno mai fatto mancare il loro affetto e la loro vicinanza. Ho ricevuto molto di più di quello che ho dato.

Cosa significa per lei essere alpino?
Per me è tutto. Ho sacrificato tutto all’Ana, ma senza rimpianti.

Che valore ha il centenario della sezione Ana di Vicenza?
È un compleanno importante, ma non è un punto di arrivo, bensì di passaggio. È il modo di testimoniare quello che abbiamo fatto e quello che siamo. Mi auguro sia anche l’occasione di guardare al futuro. Spero ci diano la possibilità di avere un ricambio, la leva non esiste più e noi stiamo invecchiando.

Cosa vede nel futuro degli alpini di Vicenza?
Spero possano avere sempre uno zaino carico di entusiasmo e siano sempre orgogliosi di quel cappello che ci dà l’energia per affrontare qualsiasi circostanza.•.

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