La ricostruzione post-bellica è in grado di dare uno slancio senza pari. La sezione vicentina degli alpini è ormai un riferimento. Basta pensare che nel 1972, anno del 50° anniversario dalla fondazione, i 112 gruppi annoveravano un totale di oltre 10 mila iscritti. Una “marea berica” che si manifesta concretamente a ogni adunata. Nell’aprile del ’76, con la cerimonia del giuramento solenne in piazza dei Signori, si celebra la ricostituzione del battaglione alpini “Vicenza” con la consegna della bandiera di guerra. È un segno tangibile del peso delle penne nere vicentine: la ricostituzione del battaglione che tanta importanza ha avuto nel passato è stata chiesta con forza dall’intera sezione con in testa il presidente Vincenzo Periz. E se il 1976 è l’anno del sisma che sconvolge il Friuli di cui trattiamo nell’approfondimento, nel 1980 trema pure l’Irpinia: anche in questo caso la sezione non sta ferma a guardare ma agisce con pieno spirito alpino; non solo una raccolta fondi ma anche l’invio di volontari impegnati nella ricostruzione dei comuni di Bella e Pescopagano. Nel 1986 una breve malattia si porta via il presidente Periz e viene chiamato al vertice Giovanni Dalla Vecchia. Per capire quanto sia cresciuta in questo periodo la sezione, ora i numeri parlano di 16.600 soci che fanno di Vicenza la quarta forza nazionale. Inevitabile la necessità di avere una sede adeguata: viene individuato il torrione cinquecentesco di viale d’Alviano, sistemato e salvato da degrado e incuria. Tra gli anni Ottanta e i Novcenta le penne nere vicentine si adoperano per un altro simbolo della provincia: la Strada delle 52 gallerie sul Pasubio con un impegno che guardava all’amore per la montagna e al rispetto per luoghi che vengono considerati sacri alla patria. Il primo passaggio è quello di sollecitare i colleghi alpini della Val Leogra e i comuni dell’area a muoversi nelle sedi istituzionali per ottenere il supporto necessario. Le risposte però non arrivano e così, come spiega lo storico Alberto Pieropan e come accade spesso quando si parla di penne nere, sono in qualche modo costretti a agire “all’alpina”: nel giugno del 1989, circa 1.200 volontari dell’Associazione nazionale alpini e del Club alpino italiano si presentano sul massiccio montuoso “armati” di pale, picconi ma soprattutto di tanto olio di gomito e buona volontà. In poco tempo riescono a far risplendere la straordinaria opera ingegneristica militare della grande Guerra.•. © RIPRODUZIONE RISERVATA