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VIAGGIO TRA LE OPERE IN MOSTRA

Van Gogh cerca l'oro
dell'autunno nel crepuscolo

di MARCO GOLDIN
Vincent van Gogh, "Autunno, paesaggio al crepuscolo", 1885
Vincent van Gogh, "Autunno, paesaggio al crepuscolo", 1885
Vincent van Gogh, "Autunno, paesaggio al crepuscolo", 1885
Vincent van Gogh, "Autunno, paesaggio al crepuscolo", 1885

Quando Vincent van Gogh dipinge Autunno, paesaggio al crepuscolo, alla fine di ottobre del 1885, dipinge il paesaggio, come una bava filante di luce arrossata, secondo l'esempio che gli viene da Millet. Un esito che per Van Gogh mette insieme la pittura olandese di paesaggio del Seicento, appunto il riferimento a Millet e agli altri artisti di Barbizon e l'esempio, più vicino geograficamente, della scuola dell'Aia, quel realismo che proprio da Barbizon deriva. Nell'aprile di quell'anno, aveva scritto a Théo che “una delle cose più belle conseguite dai pittori di questo secolo è stata la raffigurazione dell'oscurità che è ancora colore.”
Ed eccolo lì, l'oro della sera, nel pieno dell'autunno, quella stagione che tanto amava: “Qui ora è straordinariamente bello, con gli effetti dell'autunno. Tra quindici giorni ci sarà la caduta delle foglie vera e propria e in poco tempo cadranno tutte dagli alberi.”
L'orizzonte è lontano, il giallo e il rosso del cielo sono braci di ceneri colorate, accese, che spettinano di una luce sospesa le foglie degli alberi esili, svettanti, tutti inzuppati dell'ultimo colore del giorno. Mentre un piccolo oblò di sole si apre nel folto della vegetazione in primo piano. E una donna avanza silenziosa, volgendoci le spalle come un personaggio di Friedrich, sul largo sentiero bagnato da quella luce calda e soffusa, mentre attorno al suo capo è una circonfusione, un alabastro attraversato dal lume della sera.
E poi in una tela del gennaio 1890, Campi con la neve e un aratro, verso sera (da Millet),Van Gogh dipinge l'ultima versione di un campo ambientato nella luce del tramonto: “Ah, mentre ero ammalato, cadeva un'umida neve molle, mi sono alzato di notte per guardare il paesaggio - mai, mai la natura mi è apparsa così toccante e così sensibile.” Il rapporto viscerale, simbiotico, di passione, felicità e dolore, tra il pittore e la natura, si consuma dunque così, nel rigurgito della terra, nel suo essere sparsa di neve mista a fango. Sotto un cielo serale, nel quale il tramonto è appena stato. In questa luce pare che il pittore tocchi i limiti della sua compromissione con il mondo.
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