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Una terrazza sul mondo

Mostra in basilica
Mostra in basilica
Mostra in basilica
Mostra in basilica

La riapertura della Basilica palladiana è stata per Vicenza l’occasione di riscoprire se stessa. Vedere le strade piene di gente, vive come quelle di una metropoli turistica, è stata una scossa benefica. Un’iniezione di fiducia corroborata dalla visita alla grande mostra ospitata sotto la volta del Palladio, dai tesori spettacolari custoditi nel rinnovato palazzo Chiericati, dal museo dedicato al genio architettonico vicentino. Ma c’è un luogo, fino a ieri rimasto inaccessibile, che più di tutti consente di riflettere sulla città da un punto di vista diverso: è la spettacolare terrazza che corre attorno alla cupola della Basilica. Il Comune dovrà assolutamente fare in modo che tutti i vicentini possano almeno una volta salire lassù e guardare dove vivono; magari con un amico che vive in un’altra città, e osservare la sua bocca spalancarsi di fronte a un simile spettacolo. Non per presuntuosa vanagloria: ma perché da lassù è possibile ragionare su ciò che Vicenza potrebbe essere e finora non è stata. Ad esempio, una gran città che ha i mezzi per pensare in grande: se solo smettesse di dar retta alle piccolezze, se si rendesse conto che la straordinaria capacità individuale espressa nei campi della cultura, dell’economia, dell’impresa può anche diventare una forza collettiva, di sistema. Se prevalesse la volontà di fare, e non il solito vizio di impedire che le cose vengano fatte da altri. Il viaggio nella storia dell’arte da Raffaello verso Picasso ospitato in Basilica rappresenta i primi metri di una strada che non è “privata”: è un punto di partenza, non di arrivo ed è perciò inutile e stucchevole la discussione su un quadro in più o in meno, sul colore delle pareti o su quel che si sarebbe potuto fare di diverso. Si è spalancata una porta e ora Vicenza deve pensare a quali saranno i prossimi passi. La mostra è stata la scintilla, ma passerà e altre ne verranno: resterà però la Basilica, resterà palazzo Chiericati con le sue opere per le quali i musei di mezzo mondo farebbero follie, resteranno le piazze, le strade, la bellezza. Tutte cose che hanno bisogno di persone che le rendano vive lavorando insieme, non ognuno per sé. La cultura non è, non deve essere un bene per pochi: è una cosa ben diversa dall’erudizione. Essere immersi nella cultura significa anche stare al passo con il mondo, dare il giusto peso alle cose, non perdersi dietro al chiacchiericcio da paesello, essere consapevoli di avere fondamenta solide sulle quali costruire il futuro. Ieri sono stati regalati ai bar del centro 200 chili di bustine di zucchero con l’immagine simbolo della mostra ospitata in Basilica. C’è stato qualcuno che ha risposto: «Non mi interessa». Ecco, Vicenza non deve più essere questa. ARIO GERVASUTTI

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