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Uccise Gildoni. «Danni per 2 milioni»

IL DELITTO. La famiglia del colonnello dei carabinieri, assassinato la scorsa estate a Nanto, ha avviato la causa civile di risarcimento
Il tribunale ha autorizzato un primo sequestro del valore di 650 mila euro sui beni di Battista Zanellato, pensionato di 85 anni

 Una sequenza dei carabinieri che cercano di entrare nell'abitazione di Zanellato a Nanto poco dopo l'uccisione di Gildoni. COLORFOTO
Una sequenza dei carabinieri che cercano di entrare nell'abitazione di Zanellato a Nanto poco dopo l'uccisione di Gildoni. COLORFOTO

 Una sequenza dei carabinieri che cercano di entrare nell'abitazione di Zanellato a Nanto poco dopo l'uccisione di Gildoni. COLORFOTO
Una sequenza dei carabinieri che cercano di entrare nell'abitazione di Zanellato a Nanto poco dopo l'uccisione di Gildoni. COLORFOTO

Due milioni di euro per la perdita del marito e figlio Valerio Gildoni di 40 anni, colonnello dei carabinieri comandante del reparto operativo, che lo scorso 17 luglio venne ucciso con una fucilata al volto a Bosco di Nanto dal pensionato Battista Zanellato di 85 anni, asserragliato nella propria casa, mentre cercava di disarmarlo. È la richiesta danni che è stata avanzata dalla vedova Barbara Cantucci e dai genitori Settimio e Paola Gildoni, assistiti dagli avv. Lucio Zarantonello ed Erika Pantano, e che ha già spinto il tribunale civile ad autorizzare il sequestro dei beni dell'imputato fino a 650 mila euro. E questo in attesa che il processo civile stabilisca l'effettivo ammontare del danno subito dai famigliari dello sfortunato ufficiale che venne assassinato da un uomo che, come ha stabilito il perito psichiatrico del tribunale, era incapace di intendere e di volere. Ma per questo motivo, in base a quanto dispone il codice civile, i difensori Giuseppe Fucito e Paola Immerini di Zanellato hanno sostenuto che il proprio assistito non può essere condannato a risarcire l'ingente danno perché non era sano di mente. E si comprende perché tra le parti è in atto una battaglia legale e medica davanti al tribunale penale, dove Zanellato sarà processato tra poche settimane, perché a seconda di quale tesi prevarrà ci saranno inevitabili ricadute sul piano patrimoniale.
I legali dei congiunti di Gildoni, forti del parere scientifico dello psichiatra Diego Arsiè, sostengono che l'omicida era seminfermo di mente perché riuscì a tenere testa a decine di carabinieri della territoriale, i quali chiesero l'intervento dei corpi speciali per stanarlo. Questo avvenne soltanto a distanza di ore, quando Zanellato preso per sfinimento venne immobilizzato nel corso dell'irruzione con le bombe lacrimogene.
La difesa dell'anziano, per contro, si basa sulla perizia del tribunale svolta dalla psichiatra Gloria Bocchi che ha sancito che era del tutto incapace. Egli riuscì a impedire ai carabinieri di andare subito ad arrestarlo perché era preda di una lucida follia che l'aveva spinto a realizzare una barricata in cima al giroscale della propria abitazione per tenere testa ai ladri.
Sì, da qualche giorno nella sua mente malata si era scavata la convinzione che sconosciuti volessero derubarlo di tutti i suoi beni e l'avrebbe fatta pagare a chiunque. Non a caso quel maledetto 17 luglio Zanellato non riconobbe neppure i figli e sparò sui carabinieri più volte.
«Se venite su fate la fine di quell'altro, andatevene se volete rimanere vivi», urlava l'ottuagenario, reduce della Seconda Guerra mondiale, che armato di un vecchio fucile da caccia calibro 16 sparò a Gildoni. Un ottimo ufficiale dal curriculum irreprensibile che a soli 40 anni l'aveva visto diventare tenente colonnello (fu promosso alla memoria). Il militare ucciso era intervenuto col comandante provinciale Michele Sarno perché era stato segnalato un esagitato che sparava all'impazzata. Da pochi giorni Zanellato è stato trasferito all'ospedale psichiatrico di Reggio Emilia dove trascorrerà, presumibilmente, il resto dei suoi giorni visto che è ritenuto pericoloso socialmente. Per i suoi avvocati quello che è successo è spiegabile solo con un delirio acuto. Al contrario, i legali della famiglia Gildoni obiettano che l'omicida un barlume di equilibrio l'aveva, altrimenti non sarebbe stato capace di uccidere così.
Ivano Tolettini

Ivano Tolettini

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