<img height="1" width="1" style="display:none" src="https://www.facebook.com/tr?id=336576148106696&amp;ev=PageView&amp;noscript=1">
L'intervista

L'ex biancorosso Civeriati: «Questa maglia pesa, al Menti serve carattere»

Stefano Civeriati con Renzo Ulivieri
Stefano Civeriati con Renzo Ulivieri
Stefano Civeriati con Renzo Ulivieri
Stefano Civeriati con Renzo Ulivieri

Per alcuni era l’esteta del calcio, per altri il Doge, per Vicenza resta soprattutto il Cive. Una classe e un tocco di palla che raramente si è vista da queste parti dopo quelle tre stagioni in biancorosso. Dal 1991 al 1994, Stefano Civeriati è stato il classico trequartista dai colpi da biliardo, un mancino raffinato che la palla la accarezzava o la caricava all’improvviso. Tecnica che strappava applausi al pubblico del Menti, al presidente Pieraldo Dalle Carbonare e al maestro di calcio e di vita che fu Renzo Ulivieri in quella squadra che dalla C conquistò la serie B prima dell’arrivo di Guidolin. In una parola il Cive significava “qualità”. 
Raggiunto al telefono Civeriati risponde da una caletta della Liguria con lo sguardo rivolto al mare e al passato in biancorosso, oggi lavora nelle Giovanili della Sampdoria nel ruolo di scouting.
«Quello era un gruppo fantastico e se vuoi conquistare dei risultati bisogna partire proprio da lì. Dalla forza dello spogliatoio».

E poi c’era Ulivieri...
Un maestro dentro e fuori dal campo. In settimana si lavorava come matti su schemi, varianti di gioco, soluzioni diverse.

E lei lo ascoltava?
Quasi sempre. Quasi, perché una volta feci di testa mia. Mi ricordo che contro l’Arezzo l’arbitro fischiò una punizione vicino alla bandierina. Si avvicinò Briaschi per toccarmi la palla secondo uno schema e io gli dissi: “Fermo che tiro in porta”. No - mi rispose lui che il mister s’inc... Decisi di tirare lo stesso, palla all’incrocio e vittoria. Alla fine dissi a Ulivieri: “Questo è lo schema numero 1, quello che ti fa vincere”. Mi andò bene.

Qualità... ma cos’è nel concreto?
È il primo controllo, la capacità di governare la palla subito per poi giocarla. Se ci riesci è tutto più semplice, Pirlo o Iniesta erano dei maestri in questo.

Ha visto il Vicenza quest’anno?
Sì, molte volte. ma dalla televisione ed è difficile farsi un’idea. Non so cosa sia successo e non mi permetto di dare giudizi. Nel calcio si sbaglia tante volte, capita spesso che le cose non vanno come pensavi, basta riconoscerlo senza problemi. Vivo ad Alessandria e respiravo il clima prima della sfida all’ultima giornata... ero sicuro che il Lane avrebbe vinto. Poi i playout sono un terno al lotto. È andata così, l’importante è ricominciare compatti. La proprietà si rilancia solo se sigla un patto con i tifosi.

Chi terrebbe dell’attuale rosa? 
Nessuno. Avrei detto Maggio, ma ha intenzione di ritirarsi. Il problema non è chi resta, piuttosto chi si riesce a vendere. La Lega Pro ti condiziona molto, certi contratti in serie B non sono sostenibili, Balzaretti avrà il suo bel da fare, penso che adesso a Vicenza ci sia tanto da costruire ma la cosa più importante è ricreare il clima giusto perché poi la squadra lo sente, è un’iniezione di fiducia e serenità che fa bene al gruppo.

In serie C per vincere il campionato. Lei ci è riuscito
Lo ripeto serve un gruppo solido, ma Baldini lo sa bene tanto che ha chiesto una squadra con personalità, preparata a giocare in uno stadio come il Menti e con quella maglia.

Ma è così difficile?
Per me non lo era affatto, anzi mi caricava, ma riconosco che è una maglia pesante. All’epoca c’erano 20 mila persone allo stadio che potevano esaltarti o insultarti. Ci vogliono palle poco da fare.

Ha lavorato tanto con i settori giovanili, adesso tutti ne parlano soprattutto con la Nazionale da rinnovare. Che idea si è fatto?
La realtà è che tutti ne parlano di vivaio ma poi non interessa a nessuno e non si fa nulla per alzare il livello. Faccio un esempio: se nelle squadre di serie A in cinque anni di lavoro nelle Giovanili non riesci a costruire un giocatore, allora è meglio che vai a fare un altro mestiere. E la cosa che mi fa più rabbia è che si investe sui giovani che arrivano dall’estero che poi si rivelano dei bidoni. Il settore giovanile cambierà quando non gireranno più soldi, questa è la verità.

Si è mai spiegato perché tanto affetto nei suoi confronti con appena tre anni in biancorosso?
Non me lo sono mai spiegato, ma sono orgoglioso di aver giocato a Vicenza. La gente mi ha voluto bene e io ho cercato di ripagarla.

Eugenio Marzotto