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L'intervista

Franco Cerilli: «La C è un vero inferno. Chiedetelo al Padova»

Fiero ciosòto, protagonista della favola Real Vicenza e trascinatore del Padova che nei primi anni Ottanta conquistò la promozione in serie B, uscendo dall’inferno della C1. Franco Cerilli è l’uomo giusto al momento giusto, perché può consolare i tifosi biancorossi ancora rabbiosi per la retrocessione e al tempo stesso guardare avanti, verso la C che verrà, con Vicenza e Padova di nuovo rivali dopo la mancata promozione dei biancoscudati. 

Cerilli, ci eravamo incontrati allo stadio Menti, mesi fa...        E già… Ricordo che Di Carlo era appena stato sostituito. Il Vicenza era partito molto male con quelle sconfitte in successione. Purtroppo non la vedevo bene. 

Com’è possibile che poi sia retrocesso? 
Sinceramente pensavo avessero costruito una squadra per salvarsi. Non spetta a me dire cosa si è sbagliato, ma sono stati fatti tanti errori. Io ho visto tre partite del Vicenza quest’anno e la squadra era semplicemente scarsa. Mancava tutto.

Il Lane è stato bravo ad arrivare ai playout?
Quando cambi tre allenatori, significa che gli errori sono di chi ha costruito la squadra. Ora chi comanda deve capire bene dove ha sbagliato, cercare di non inciampare più. 

Come vede il Lane nella prossima serie C? 
La serie C non è una passeggiata, io la chiamo l’inferno dei professionisti. Va su chi fa più punti, non sarà facile ricostruire una squadra vincente.

A Vicenza non si può disputare la C per salvarsi…                Beh direi proprio di no. Chi allestirà la rosa dovrà tenere conto prima di tutto di questo: bisogna costruire una squadra forte, avere un allenatore con personalità, collaboratori tecnici con esperienza. 

E se fosse serie B? 
Stiamo a vedere. A quel punto, comunque, va costruita una squadra di livello. 

Per lei che è stato giocatore del Lane e del Padova, il finale è stato amaro. 
Mi dispiace per le tifoserie. Vicenza e Padova si ritrovano in C in maniera totalmente diversa. I biancoscudati hanno disputato una grande stagione, ma hanno trovato sulla propria strada una formazione più forte. E comunque ho visto le ultime due partite della finale: non si possono affrontare così, ho visto un Padova senza fame. Il Palermo invece correva su ogni pallone, i suoi giocatori avevano una grinta incredibile, da finale playoff appunto. Comunque il prossimo anno la C sarà una B2, Vicenza e Padova sono avvisate. Penso per esempio che se Di Carlo è andato a Pordenone, vuol dire che là vogliono puntare a tornare al piano di sopra subito.

Come si vince, in generale?                                                      Finchè la logica è quella dell’amico dell’amico non si fa molta strada. Servono competenza e meritocrazia. Il calcio è profondamente cambiato. Quando vedo una squadra che retrocede e che non ne ha azzeccata una in stagione, mi viene in mente che probabilmente non è stata fatta con l’aiuto degli osservatori, ma con i consigli del procuratore, dell’amico del presidente, dell’amico dell’amico. Questo intendo. Se hai dei buoni osservatori come ha l’Udinese da anni, costruisci cose importanti. 

Anche il gioco è cambiato? 
Assolutamente. Ai nostri tempi la tecnica era al primo posto, oggi è un gioco molto più fisico. Ma io ci vedo degli altri problemi. La logica oggi è “Se mi porti lo sponsor, ti faccio allenare, o faccio giocare tuo figlio”. Vedete com’è messa la nostra Nazionale. Il calcio deve cambiare rotta. Trent’anni fa facevi fatica a lasciar fuori giocatori come Pruzzo. 

E il calciatore? 
Oggi le società fanno contratti pluriennali. Un giocatore che retrocede più di tanto non soffre, tanto l’anno dopo è ancora lì, tranquillo, che prende il suo stipendio. Nel mio piccolo ho vinto 5 campionati tra i dilettanti, però poi ogni anno ho sempre fatto fatica a trovare squadra. È proprio un calcio diverso. 

Il tecnico che stima? 
Baldini del Palermo mi piace, anche perché è uno schietto come me. In finale, sull’1-0, ha messo dentro 4 punte, non si è difeso. A Coverciano non verrebbe vista tanto bene, ma questo dovrebbe essere lo spirito del calcio. 

Marta Benedetti