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L'anniversario

Dieci anni senza Moro. «Un ragazzo timido che sorrideva alla vita»

Piermario Morosini con la maglia del Vicenza
Piermario Morosini con la maglia del Vicenza
Piermario Morosini con la maglia del Vicenza
Piermario Morosini con la maglia del Vicenza

Il ragazzo della porta accanto sorride ancora. Sorride sempre. La vita è comunque troppo bella per tenere il broncio, doveva essere il mantra di Piermario Morosini, un giovane che ne aveva già passate tante e nella profondità dei suoi occhi lasciava intravedere, nonostante le disgrazie familiari che l’avevano colpito, scintille di vita ed energia. 
«La vita va avanti» - aveva confidato in un’intervista, prima di morire, raccontando la sua vita e tutti gli ostacoli che aveva dovuto affrontare, facendo i conti con l’insensatezza di una catena di eventi sfortunati. Dieci anni dopo la sua morte, lo ricorda con affetto Romina Contarato, consigliera dell’Associazione Morosini, ma anche grande tifosa biancorossa e soprattutto amica “del Mario”, una delle prime persone ad accogliere l’ex calciatore a Vicenza, quando arrivò nel 2007 dopo l’esperienza a Bologna.

L’incontro con Piermario «Avendo un’agenzia immobiliare – spiega Contarato – i giocatori si affidavano a me per trovare un appartamento. Così un giorno si presentò anche Piermario, che aveva ventun anni. Timido, anzi timidissimo – ricorda -. Avevo subito avuto l’impressione di un ragazzo che era dovuto crescere molto in fretta. Siamo diventati molto amici. Mi aveva fatto anche conoscere il suo migliore amico, Vittorio, al quale sono tuttora legata da amicizia. Una delle prime volte gli offrii un caffè quando lo vidi seduto in un locale e mi colpì la timidezza con cui si avvicinò per ringraziarmi. Tutti sapevano i problemi che aveva dovuto affrontare, le disgrazie familiari, ma lui non aveva mai fatto pesare nulla. Amava Vicenza e Monte Berico era uno dei luoghi che più lo faceva stare bene. Non era un ragazzo mondano, non lo incrociavi quasi mai in centro. Pensava al suo lavoro e a svolgerlo al meglio, con professionalità. Amava Ligabue e giocare sotto la pioggia, lottava nella vita di tutti i giorni esattamente come faceva in campo». 

Un esempio Il tempo passa inesorabile, Piermario resta, con il suo esempio. «L’importante è sorridere, quando pensiamo al Moro; lui avrebbe voluto così. Martedì sera, ai Sette Santi, l’Associazione Morosini ha organizzato un piccolo ritrovo con i suoi ex compagni in biancorosso. C’erano Schwoch, Zanini, Fortin, Raimondi e Zanchi venuti da Bergamo, Fissore, Margiotta, Crovari, Cristallini, Maran. Doveva venire anche Gregucci, ma non ha potuto per problemi familiari. È stato un bel momento di ricordo. Nessuna lacrima, ma sorrisi per un amico che ci ha dato tanto». 

La forza dopo il dolore In dieci anni il dolore per la morte di Piermario è stato trasformato, non senza fatica, in forza. La sua storia ha insegnato che vale la pena studiare, fare un semplice corso, informarsi, per non lasciarsi sorprendere dal destino. C’è però una cosa che fa male, ancora, e che non rende merito a quel ragazzo benvoluto da tutti. «Vedere quella targa abbandonata a Isola Vicentina, all’ex Centro Tecnico, è devastante. Le erbe sono più alte della targa, tutta mangiata dai topi, in cui c’è il nome di Piermario. Ci stiamo impegnando affinché qualcosa cambi ma non è semplice». Non è una semplice targa, è il ricordo di un ragazzo che merita di riposare in un luogo che ha il suo stesso volto sorridente. 

Marta Benedetti