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INTERVISTA

Andrea Fabris: "Ricostruzione del Lane? Si cominci dalla squadra"

Venticinque anni nel mondo del calcio, quindici nel Vicenza e il resto al Sassuolo. Andrea Fabris è uno dei tasselli di un mosaico lucente che in serie A ci sta da anni e che ogni volta lancia giovani allenatori, ragazzi del vivaio e campioni come Raspadori e Scamacca. Fabris, in estate proprio il Sassuolo incontrò il Vicenza in amichevole. Che opinione si era fatto? Mi aveva fatto una buona impressione, avevo visto una squadra costruita con metodo e che aveva un’idea di gioco. Con Diaw, Proia e altri giocatori aveva una sua ragion d’essere. Parere che peraltro avevano altri dirigenti del Sassuolo. Poi però qualcosa non ha funzionato... In tanti anni di calcio ne ho viste di tutti i colori, ma è solo chi vive la quotidianità della squadra e della società che conosce le cause dei problemi e sa come intraprendere un percorso di riscatto. Ho grande stima dell’amico Paolo Bedin che è un professionista stimato da tutti e immagino stia facendo tutte le valutazioni del caso, ma se ci si incastra dentro a certe dinamiche sportive spesso è difficile uscirne. Osservando il Vicenza da lontano che errori sono stati commessi? Difficile dirlo. Il problema è che gestire il calcio è complesso, l’equilibrio è sempre precario e spesso sono le piccole cose a fare la differenza. Ho capito con il tempo ad esempio, che conosci davvero i giocatori quando ce li hai, non ci sono solo le componenti tecniche ma anche quelle umane. Da cosa deve ripartire allora il Vicenza? Immagino che la società stia analizzando la stagione, dall’avvio del campionato ad oggi. Ma c’è un aspetto che i tifosi devono considerare, Vicenza ha la fortuna di avere una società solida e che ha una sua identità, può piacere o meno, ma la stabilità economica è un punto di forza. Se c’è una progettualità il percorso va avanti, mentre le società che non sono strutturate alla fine spariscono. L’altro patrimonio sono i tifosi, ci sentiamo come “mariti traditi” ma alla fine restiamo innamorati. L’attaccamento che c’è qui, spesso non si vede nemmeno in serie A. Sì, ma adesso è il tempo della ricostruzione o no? In un modo o nell’altro dirigenza e staff un ragionamento lo staranno facendo, ma bisogna ripartire dalla squadra, dai valori tecnici e morali da cercare. Non dico che oggi non ci sono, giocatori come Maggio, Giacomelli o Cavion hanno dimostrato di essere attaccati alla maglia, ma in futuro bisognerà unire qualità tecniche e umane che è la cosa più complicata. E poi c’è il Sassuolo che rappresenta un modello di gestione riconosciuto da tutti i media nazionali. C’è una proprietà con idee chiare e una filosofia semplice all’interno di una struttura piramidale. L’amministratore delegato, Giovanni Carnevali, ha un rapporto stretto con la proprietà e poi un gruppo di lavoro molto unito. Poi ci sono degli obiettivi comuni, prima di tutto quello di puntare su una squadra giovane e su allenatori di prospettiva. È stato così per Di Francesco, De Zerbi e adesso Dionisi. Certamente c’è una sostenibilità economica garantita da una società forte che ha un legame con il territorio. Ma è un percorso iniziato dieci anni fa con una continuità di gestione e dirigenziale. I risultati alla fine arrivano anche se sono legati al fattore campo che ha mille variabili. Quindi ogni componente al posto giusto Per forza, c’è un mix di professionalità e di ruoli e ognuno fa la sua parte. Bisogna imparare a non invadere il campo d’azione altrui anche se nel calcio non è facile perchè tutti vorremmo commentare o dare consigli sulle scelte tecniche. In realtà serve rispetto dei ruoli, ci si confronta e poi ci ferma lì. La stessa proprietà non entra mai nelle questioni tecniche. Secondo la sua esperienza adesso il Vicenza come dovrebbe agire? Ci sono tanti modi di agire, dipende dai vertici aziendali, ma oggettivamente la struttura della società è fatta da persone competenti, bisogna analizzare quello che di buono si è fatto prima di questa stagione, capire gli errori di quest’anno e poi impostare il prossimo campionato. Ma lo ripeto, è il valore della squadra a governare tutti i processi•.

Eugenio Marzotto