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Morte di Morosini, il Vicenza
ritira la maglia numero 25
Domani l'autopsia sul giocatore

DRAMMA A PESCARA. Il difensore e il direttore tecnico faticano a trovare la forza per parlare. Domani l'autopsia sul giocatore.

Capitan Zanchi non si dà pace per la morte dell'amico: «Siamo provati Giocava in un'altra squadra, ma era proprio come se fosse rimasto qui»
Grande sofferenza per Marco Zanchi, bergamasco come Morosini
Grande sofferenza per Marco Zanchi, bergamasco come Morosini
Grande sofferenza per Marco Zanchi, bergamasco come Morosini
Grande sofferenza per Marco Zanchi, bergamasco come Morosini

GUBBIO. ULTIMAORA.  Il Vicenza calcio ha deciso di ritirare la maglia n. 25 per onorare la tragica scomparsa del calciatore Piermario Morosini. A darne notizia è il club veneto che ha deciso di agire subito, anche per il fatto che il numero 25 (indossato da Morosini nei primi due anni di permanenza a Vicenza) in questo campionato non risulta assegnato a nessuno. «Si tratta di una scelta - spiegano i dirigenti del Vicenza - che vuole essere un gesto di rispetto per consegnare per sempre alla memoria la figura dell’amato e sfortunato atleta, legato ai nostri
colori».

ORE7,30. «Meritava di essere il nostro capitano». Al deserto di parole dell'animo in subbuglio il d.t. Paolo Cristallini strappa quelle più giuste per spiegare perché Piermario Morosini era “uno di noi”, comunque uno del Vicenza. «La squadra, la città, i tifosi gli erano entrati nel cuore - ricorda il direttore tecnico - e ogni volta che s'apriva il mercato c'era da parte sua la voglia di venire qui, mi diceva sempre di far qualcosa per riportarlo a Vicenza». E c'è andato vicinissimo: in gennaio se Nicola Rigoni, ceduto all'Atalanta, non avesse rifiutato il trasferimento, al suo posto sarebbe tornato in biancorosso Morosini. Il centrocampista si è accasciato in campo durante Pescara-Livorno, con i toscani in vantaggio per 2-0. Cristallini lo rammenta così: «Il mio ricordo è quello che di lui hanno tutti nel nostro spogliatoio: un ragazzo splendido, cui la vita non ha certo regalato gioie dal punto di vista familiare. Ora un destino crudele lo toglie a noi e a tutti i suoi amici». Quando la ferita è così profonda l'immagine che la definisce è spesso nitida, secca, anche feroce. «La sua è una morte che ci lascia il buio dentro» dice ancora Cristallini e di più non potrebbe per rendere almeno l'idea dello stato di prostrazione di giocatori, tecnici e staff che Piermario hanno conosciuto e a cui hanno voluto bene. Perché non si poteva non volerne a Morosini. «Come un fratello per me - prova a spiegare Cristallini tenendo a freno il tumulto delle sensazioni - mai sopra le righe, un ragazzo così lo senti tuo, della tua squadra, del tuo gruppo fin dal primo giorno. Per i nostri giocatori è stato uno choc sapere la notizia». Era bergamasco di origine e di scuola calcistica Piermario Morosini, che con l'Atalanta aveva vinto uno scudetto Allievi e bergamasco è anche Marco Zanchi, il capitano del Vicenza. Ci sono momenti in cui avere la fascia pesa e questo è uno di quelli. Ma c'è da onorare la memoria di un giovane amico prima che collega e allora Zanchi, l'unico tra i biancorossi, scova da qualche parte la forza d'animo per parlare. «Siamo tutti molto provati - dice - perché Mario è uno di noi». Dice proprio così: “è”, al presente, come se si rifiutasse di ammettere che Morosini non c'è più. «Lo dico perché è vero che è andato in altre squadre ma è come se facesse sempre parte del nostro gruppo, come se non se ne fosse mai andato da qui». Ad ascoltare Zanchi si capisce bene perché Piermario era considerato ancora uno dei biancorossi, immaginarlo ora senza vita è un pensiero che la mente rifiuta, respinge. «Mi sembra una cosa assurda, siamo tornati in spogliatoio alla fine della partita e abbiamo saputo lì, ma ancora non ci credo». Emergono brutali certe immagini, quel sorriso che sfidava anche le prove più difficili. «Di Piermario ho solo ottimi ricordi, era un grande professionista ma anche un ragazzo allegro e spensierato, malgrado tutto quello che gli era capitato: non aveva avuto certo una vita fortunata». Già, proprio no, povero Morosini: i due genitori che lo avevano già lasciato, un fratello morto prematuramente, una sorella disabile ricoverata perché bisognosa di molte cure e sempre accudita da Piermario. «Sappiamo tutti i dolori che aveva dovuto sopportare, forse era nel destino che è in ognuno di noi - sospira Zanchi - non so cosa dire. Se muore un atleta di 25 anni, controllato come lo siamo noi calciatori, allora ti viene da pensare che davvero è solo questione di quando arriva il proprio momento». Ma per Morosini è arrivato davvero troppo presto, vigliacco destino. © RIPRODUZIONE RISERVATA

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