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«La riconoscenza un fiore che cresce in rari giardini»


 Elide Imperatori Bellotti
Elide Imperatori Bellotti

 Elide Imperatori Bellotti
Elide Imperatori Bellotti

Elide Bellotti ha lasciato parlare le emozioni. E, tra tutte, accumulate in cinquantasette anni di vita ai piedi del Grappa, la più visibile e più evocata, è stata l'amore. Amore per il marito, Bepi Bellotti che, all'epoca giovane avvocato, lei conobbe arrivando da Roma per il suo primo incarico in Veneto come insegnante; amore per una terra che Elide Imperatori Bellotti ha fatto propria, apprendendone tradizioni e linguaggio. Due elementi che, in seguito, come insegnante, autrice teatrale, scrittrice, giornalista, e instancabile promotrice culturale ha contribuito a conservare e diffondere in Italia e nel mondo.
«Ricevo un premio - ha detto - che va diviso con molte altre persone. In primo luogo i miei concittadini bassanesi, poi gli alunni, gli amici del gruppo "Le Arti per via" e quelli del teatro, della Ballata del millennio e delle associazioni delle quali ho fatto e continuo a far parte».
«Mi sono sempre imposta - ha aggiunto - di non tenere occhi e orecchie chiuse di fronte alle novità. Quasi dodici lustri fa era una novità anche il Bassanese, ma ascoltando e osservando ho imparato ad amare questa la città che sento oggi come mia e che mi commuove quasi quotidianamente nei sorrisi e nei saluti delle persone che incontro per strada».
Ad accompagnare idealmente Elide Bellotti sul palco di un premio atteso e meritato c'erano in platea gli amici di sempre, il fratello Roberto arrivato dalla Spagna, il figlio Alessandro e la figlia Sabina che abita a Roma.
Non c'era solo Elide Bellotti ad emozionarsi ieri sul palco, perché ad Antonio Celotto, naturalista e scrittore, già preside al "Parolini", la benemerenza ricevuta per la cultura locale ha sciolto addirittura la vena poetica. «La riconoscenza è un fiore che cresce in rari giardini - ha detto - ma oggi c'è un doppio sentimento di gratitudine. Quello che provo nei confronti della città che mi ha cresciuto, e quello che la città prova nei confronti del lavoro che ho svolto. Basti dire che, al mio primo anno come preside, l'istituto agrario contava un'ottantina di studenti e al momento dei saluti, gli allievi erano oltre trecento. Cifre che parlano da sole».

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